Alzi la mano chi, dodici anni fa (più o meno all’apice del successo della band inglese, nel momento esatto in cui “Secretly” imperava nelle radio/tv di regime e la gente in Italia sembrava non voler ascoltare altro), avrebbe immaginato di trovarsi ad un concerto degli Skunk Anansie nel 2011 e di imbattersi in una band in grande forma, che non sbaglia un colpo e fa cantare, saltare, divertire gli spettatori manco fossimo ancora nel 1999 (che poi quello del grande seguito che gli Skunk Anansie hanno in Italia è una cosa che non mi riesco a spiegare. Sono ricordati dai tempi del loro boom oppure la loro fama si rigenera ciclicamente? Riescono di continuo a conquistare pubblico nuovo oppure è lo zoccolo duro dei loro fan che continua a seguirli ciecamente per questioni affettive/di nostalgia? Non è possibile rispondere, davvero ““ ed il mistero rimane). Io personalmente non ci avrei mai creduto, soprattutto dopo lo scioglimento del 2001 e l’inizio della modesta carriera solista della loro leader Skin (vien ricordata più per la collaborazione con Maxim dei Prodigy in “Carmen Queasy” che per altro, il che è tutto un dire).

Eppure eravamo tutti lì, a sudare ad un concerto degli Skunk Anansie a Ferrara Sotto Le Stelle nel 2011. La band suonato davvero potente ed ha proposto un set per certi versi sorprendente, con inattesi (e coraggiosi) recuperi dal primo, devastante esordio “Paranoid & Sunburnt” (“Weak”, “Yes, It’s Fucking Political”, “I Can Dream” – ed infatti son stati proprio quelli i momenti in cui la maggior parte del pubblico se ne è rimasta impalata oppure ad armeggiare con lo smartphone, segno che gli Skunk Anansie son rimasti nel cuore del loro fan medio solo per “Post Orgasmic Chill” o poco più) affiancati ai superclassici da singalong (“Secretly”, “Hedonism”, “Brazen”) e a canzoni dall’ultimo album post reunion “Wonderlustre” (“God Loves Only You”, “Over The Love”, “You Saved Me” – canzoni che non sono assolutamente al livello di quanto dimostrato in passato ma che comunque stanno lì a testimoniare che anche su disco la band inglese un qualcosa da dire ce l’ha ancora e cerca di farlo nel miglior modo possibile).

Skin è padrona assoluta del palco e sembra voler divorare la folla per quanta anima ci mette, il chitarrista Ace è mediamente più metal di un tempo ma fa bene il suo mestiere, il bassista Cass riesce ancora a regalare il groove necessario a farti muovere le chiappe (e non è poco, visti i tempi che corrono), il batterista Mark Richardson non sbaglia un colpo e si dimostra la vera anima nascosta della band: gli Skunk Anansie han suonato quasi due ore concludendo il tutto con una rabbiosissima “Little Baby Swastikkka” da cantare con i pugni levati al cielo, ma se avessero suonato pure “Glorious Pop Song” mi avrebbero reso ancor più felice e contento. Va bene anche così, comunque.

Foto Thanx to Luca Gavagna

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