Da qualche tempo a questa parte il mondo della musica si arricchisce di artiste dotate del raro binomio “‘bella e brava’. Mi riferisco in particolare a Diane Birch che con il suo debut “Bible Belt” ci ha regalato un gioiellino di (ottimo) pop contemporaneo, a Janelle Monae che con “The ArchAndroid” ha mescolato l’r’n’b con “Metropolis” di Fritz Lang creando forse il migliore concept album degli anni “’10. E poi c’è Selah Sue.
Non ho nominato a caso le tre ragazze. C’è un denominatore comune fra Diane, Janelle e Selah: Prince. Sarà che ultimamente si diverte a fare il talent scout per caso, ma l’interprete di “Purple Rain” non sbaglia un colpo. Prima sente Diane suonare il piano nella hall di un albergo di Los Angeles, e la invita a casa sua per una jam session. Poi sceglie Janelle Monae come supporter del suo tour perchè la considera la migliore artista emergente che ci sia in giro. Arriva ad Anversa, in Belgio, e dopo averla sentita cantare, chiama Selah per aprire un suo concerto. Attenzione: Prince non è nè produttore nè manager delle ragazze. Eppure tutte e tre sembrano accomunate da questa circostanza, da una gavetta fatta di lacrime e rinunce, e da un innegabile talento. Chissà , magari prossimamente le vedremo assieme sullo stesso palco, nulla è da escludere”…
Il debut album di Selah racchiude in sè gli ultimi anni di vita vissuta della giovane artista, e non solo: prodotto da Farhot e Patrice, è un bel meltin’ pot di ragga, soul, funk e rap con delle collaborazioni d’eccezione: quella del bassista Chirstopher Meredith (“The Miseducation of Lauryn Hill”) nella traccia d’apertura “This World”, di Cee Lo Green in un duetto che si apre con la sua voce e quella di Selah ai cori, fino alla fusione delle due nel brano dalle tonalità più soul dell’album (“Please”), e di Meshell Ndegeoncello che ha supervisionato l’incisione di “Mommy” incisa a Parigi in due giorni.
è interessante il contrasto che si viene a creare tra la vocalità così sicura e avvolgente di Selah (se le voci avessero dei genitori, quella di &Selah sarebbe figlia di Bob Marley e Duffy) con dei testi che rispecchiano tutte le insicurezze del periodo adolescenziale, in cui si parla di fragilità interiore (“Explanations”) e voglia di imparare ad amare i lati più oscuri della nostra anima (“Black Part Love”).
Una voce che si adatta ad un sound che si estende senza confini su vari territori, la voglia di esprimere la propria arte al meglio, e tanta classe da vendere come Erykah Badu fanno di Selah Sue il muffin più goloso dell’attuale scena musicale. Da mordere a ritmo ragga