La “Figa Pop con Testa”, che per motivi di rapidità abbrevieremo in FPT, in origine una razza rara, sta invadendo sempre più il campo dell’ascolto internazionale con picchi di frequenza mai registrati prima. Il suo habitat naturale solitamente sono i piccoli club, nei quali fa pratica per un probabile fervido futuro nel mondo del pop più smaliziato, sia in veste di live-act che di dj (Dio solo sa quanto fa cool essere figa e dj al contempo). La FPT in quanto tale non si limita mai a cantare, non sia mai: se le tastiere sono tra gli strumenti prediletti, non vengono disdegnate chitarre e bassi, e se proprio vi va male ve la ritroverete con un timpano al lato del microfono a scandire il tempo.
Se cercate FPT sull’enciclopedia, troverete la foto di Florrie, al secolo 22enne di Bristol, cantante, batterista e modella. La ragazza, al secondo EP pubblicato in autoproduzione dopo il primo “Introduction” del 2010, si sta facendo notare non solo per la sua statuaria bellezza o per la sua musica, quanto per la caparbietà con cui si ostina a non firmare con una casa discografica, motivando la scelta con la volontà di crearsi uno stile personale prima che una major possa imporle determinate costrizioni. Robe da far accapponare la pelle se si pensa a quanta gente venderebbe la propria madre per un numero uno in classifica.
Nonostante la giovane età Florrie ha già dietro anni di gavetta: inclusa nel gruppo di produttori pop Xenomenia, ha suonato la batteria per, tra gli altri, Kylie Minogue e Pet Shop Boys, fino all’incontro con Fred Falke, con cui continua a collaborare per la produzione dei suoi lavori. Nel nuovo EP “Experiments” si trova, se confrontato col precedente lavoro, una sostanziale virata verso il suono sintetico d’ispirazione tardo 80s, un pop elettronico con molti fronzoli come nella malinconica “Experimenting with Rugs” o nella più evasiva “Speed of Light”. Il midtempo “What You Doing This For?” accosta le suddette sonorità ad archi, mentre il primo singolo estratto “Begging Me” si fa ascoltare con piacere nonostante una sostanziale semplicità compositiva, e se “She Always Gets What She Wants” può far arricciare il naso, tra trombette e un ritornello al limite del trash, Florrie viene perdonata all’ascolto di “I Took a Little Something”, trionfo di leziosi synth d’antan sfocianti in un dance-pop supercatchy. Una prova discreta per la bellezza inglese, che aspettiamo al varco del primo album e ““ chissà ““ al primo contratto discografico.