Se provate ad inserire su google il nome Jonathan Wilson il primo risultato che comparirà sarà lo scrittore calcistico del giornale inglese The Guardian. Il Jonathan Wilson in questione è invece un produttore, un creatore di chitarre e collaboratore con gruppi di Robbie Robertson, Elvis Costello e Jackson Brownes. Jonathan Wilson è inoltre un cantante che unisce folk e psichedelia ed è da poco uscito con il suo secondo album, “Gentle Spirit”.
Per Wilson la carriera solista è sempre stata alternata a diversi progetti collaterali, i quali hanno portato ad un gap di ben quattro anni dal primo album, “Frankie Ray”, a questo secondo disco in studio. Oltre ad essere stato membro degli Emerald Triangle, Wilson ha collaborato con figure come Jonathan Rice e Neal Casal, Robinson dei Black Crowes e Phil Lesh dei Grateful Dead. Mentre promuove “Gentle Spirit”, uscito per la Bella Union lo scorso luglio, Wilson sta curando una collezione di canzoni in tributo a Roy Harper. “Gentle Spirit” dal canto suo vede la collaborazione di Barry Goldbers, Robinson e Rice, Otto Hauser, Adam McDougall tra gli altri.
Questa ricchezza di influenze ed ospiti illustri si può facilmente percepire in un album che come unica pecca ha una lunghezza rimarchevole (si parla di all’incirca un’ora e un quarto di folk psichedelico e pièce acustiche). Sono presenti brani semplici, in puro stile folk e country, basati su chitarra, voce ed eventualmente pianoforte e violini (“Ballad of the Pines”, “Gentle Spirit” e “Magic Everywhere”). Non mancano però tracce più sperimentali, synth the spaziano dal blues malinconico ed i ritmi ipnotici (“Can We Really Party Today?” “Canyon in the Rain” “Desert Raven”) al soul (“The Way I Feel”) a vere e proprie pièce psichedeliche, sognanti ed ambient (“Valley Of The Silver Moon” e “Natural Rhapsody”). Il climax è raggiunto però con la cupa “Waters Down”, in cui la sperimentazione si mescola con una base dai risvolti inquietanti e palustri.
In “Gentle Spirit” è possibile udire il minimalismo di Nick Drake, la dolcezza di Alessi’s Ark e il prog dei Pink Floyd in un lungo, anzi lunghissimo viaggio all’insegna della riflessione e della introspezione. Nonostante questo però è importante ricordare che la pazienza premia.
Photo Credit: Louis Rodiger