Non senza qualche problema le giapponesi Gallhammer giungono al terzo album in quasi dieci anni di carriera: il trio tutto al femminile, proveniente da Tokyo (ma spostatosi già da tempo nella fredda Oslo, capitale norvegese che come il resto della Scandinavia rappresenta quasi una patria elettiva per tante formazioni pesanti), è infatti divenuto un duo durante le registrazioni di questo nuovo “The End”, causa l’improvvisa defezione della chitarrista Mika Penetrator.
Vivian Slaughter e Risa Reaper proseguono invece per la propria strada: il titolo del disco suggerisce una conclusione, soltanto di un capitolo e non di tutta la storia s’affrettano a chiosare le due reduci, ma dell’ottimo precedente “Ill Innocence” (2007) rimane solo una vago ricordo. Non viene abbandonato l’oscuro doom/black/crust, ma i tempi sono ulteriormente rallentati e drogati, le atmosfere spesso plumbee, infernali e terribilmente dark.
“The End” si compone di sette tracce di ampio minutaggio (solo in un caso si scende sotto i quattro minuti, mentre due volte si passano addirittura i dieci minuti), che vanno a disegnare un’implacabile discesa nella paranoia e nella violenza: aspetti che però sono già ampiamente esplicitati nei primi due pezzi del lavoro, l’inquietante titletrack e la sfuriata malatissima di “Rubbish CG202”.
Il resto dell’opera gioca su questa dicotomia e sfrutta già conosciuti clichè: le vocine urlanti e una tinta più rock in “Sober”, duetti carnevaleschi e spaccagola (la breve “Entropy G35) e infine massicce, tese e pressochè insostenibili cavalcate drone nel dittico che chiude questa terza fatica.
Apprezzabile la scelta coraggiosa di spostare le coordinate della propria proposta, eccellente la produzione volutamente lo-fi; ma Vivian e Risa nel loro cammino dovranno variare maggiormente il loro suono (talmente monolitico da risultare saltuariamente monotono) e concentrarsi sulle proprie potenzialità e possibilità .