Iperproduttivo e realmente multimediale, Roberto Carlos Lange giunge al suo secondo disco ufficiale firmato come Helado Negro (tutti e due ascoltabili e acquistabili sulla sua pagina bandcamp, dove trovate anche un ep gratuito assai intrigante, “Pasajero”).
Figlio di immigrati ecuadoregni, Roberto cresce nel sud degli Stati Uniti, appassionandosi specialmente alla black music e rimanendo folgorato dalla rivoluzione hip-hop: quando, ormai cresciuto, raggiunge New York sboccia in lui una poetica artistica in cui convivono le passioni già citate (ma non solo, ovviamente) e che lo porterà nel tempo a collaborare con Prefuse 73, a realizzare video e installazioni e infine a pubblicare album deliziosi (prima del moniker Helado Negro, bisogna anche ricordare le avventure come Boom & Birds ed Epstein).
Se il precedente “Awe Owe” era un’opera coloratissima e ricca, capace di importare radici tropicaliste nel nuovo millennio, il nuovo “Canta Lechuza” scopre atmosfere intimiste e sguazza nelle più disparate tentazioni elettroniche. Ne è dimostrazione “Globitos”, traccia d’apertura sospesa tra deboli battiti sintetici ed echi subacquei.
L’opera prosegue coinvolgente, tra memorabili intuizioni pop (“Regresa” e “Lechuguilla”) e struggenti malinconie latine (il singolone “2 ° Dia”).
Altrove Helado Negro immagina una forma-canzone nuova e personale, novello Arthur Russell a spasso tra spiagge messicane e percussioni ipnotiche (“Cenar En La Maà±ana” e “El Oeste”); s’immerge nella psichedelia moderna degli Animal Collective (“Oreja De Arena”), sorseggia drink ghiacciati insieme ai trentini Casa Del Mirto sulle spiagge di Acapulco (la trascinante e romanticissima “Con Suerte”) ed infine si abbandona ad astrattezze post-step mai così concrete (l’immaginifico dittico finale).
Non un disco, “Canta Lechuza” è un delicatissimo e magico caleidoscopio di suoni ed emozioni.