Chiariamolo subito. Al 90%, Kanye West non sarebbe diventato quello che è senza Jay-Z. Partiamo da questo. Per farla corta, dopo gli inizi con No I.D. e Common e una strumentale per Jermaine Dupri nel 1999, nel 2001 Kanye si sposta a New York e Jay-Z e Damon Dash, padroni dell’etichetta Roc-A-Fella, lo mettono sotto contratto, con Kanye che si ritrova a produrre per tutti gli artisti dell’etichetta, ma soprattutto per Jiggaman, hit del calibro di “H To The Izzo”, “’03 Bonnie & Clyde” e tante altre.

Detto ciò, dopo anni di collaborazioni, dichiarazioni di ritiro dalle scene, album al di sotto dello standard a cui eravamo abituati (Jay-Z) o sperimentazioni dettate dall’ego smisurato (il signor West), Jigga e ‘Ye si mettono insieme per registrare un intero disco, pluri annunciato e pluri rinviato.  Il risultato è un macigno, 12 tracce (più 4 bonus track nella versione Digital Deluxe) un disco realizzato davvero in collaborazione piena fra i due, un disco che sprizza da tutte le parti quell’ego tipicamente “nigga”, caratteristico di un certo rap, che fa già  capire gli ideali di grandeur dalla copertina, realizzata da Riccardo Tisci, designer italiano direttore creativo di Givenchy.

Ovviamente, liricalmente a fare la parte del leone tra i due è sua maestà  Jay-Z, ma Kanye non sfigura, migliorando di disco in disco flow, delivery e scrittura. Soprattutto quando mette da parte l’arroganza che lo ha reso celebre, sforna i momenti più belli del disco, ossia “No Church In The Wild”, con Frank Ocean, soulman della famigerata gang chiamata OFWGKTA da Los Angeles, che ha fatto il botto quest’anno (il loro capo assoluto del tutto è Tyler the Creator, per intenderci), o il singolo “Otis”, riuscitissimo al contrario del primo pezzo leakato, “H.A.M.” (che infatti precipita tra le bonus track), dove Jay-Z ci ricorda, parlando di cosa si possa provare vincendo e godendosi la vittoria e andando assolutamente a briglia sciolta sul beat, perchè dopo 20 anni di rime è ancora uno dei migliori, su un gran campione di Otis Redding. Saltando mezzi passi falsi come “Lift Off” con Beyoncè e la patriottistica “Made In America”, che in altri dischi magari non sfigurerebbero ma che qui stonano, “Watch The Throne” ricorda le migliori opere di Jay-Z, e la mano di Kanye alle macchine si sente eccome. Infatti, mr. West si accolla la produzione quasi totale del disco, con i contributi dei Neptunes in “Gotta Have It” (su un gran campione dell’immortale James Brown), Q-Tip, 88-Keys, Mike Dean, The RZA, lasciando a Swizz Beatz la produzione di “Murder To Excellence”, dove ritorna il punto di vista sociopolitico dei due (“It’s Time To Redefine Black Power”) e dell’ossessiva “Welcome To The Jungle”, dove è davvero chiaro il marchio di fabbrica del beatmaker ex Ruff Ryders.

A chiudere il tutto “Why I Love You”, rivisitazione di Kanye West di “I Love You So” di Cassius, paracula e radio-friendly quanto basta per garantirsi un buon airplay un po’ ovunque, così come “That’s My Bitch” si candida per un posto nelle playlist di più o meno qualunque dj hip hop si rispetti.

A conti fatti, “Watch The Throne” è sicuramente da avere, un must per gli appassionati, visto che al contrario di altri progetti simili due pesi massimi insieme sulla lunga distanza non sfigurano. In più ci sono degli spunti davvero validi, e alcune tracce davvero ottime. Non il classico che magari era lecito aspettarsi, ma sicuramente un acquisto di cui non pentirsi. Probabilmente, il miglior disco di quest’autunno.

Watch The Throne
[ Roc-A-Fella/Def Jam – 2011 ]
Genere: hip-hop
Rating:
1. No Church in the Wild
2. Lift Off
3. Niggas in Paris
4. Otis
5. Gotta Have It
6. New Day
7. That’s My Bitch
8. Welcome to the Jungle
9. Who Gon Stop Me
10. Murder to Excellence
11. Made in America
12. Why I Love You