Nella mia stanza di bambino campeggia un piccolo mappamondo, lucido nella sua bella e fragile fibra di vetro, al suo interno, una piccola lampadina a bulbo ha fatto sì che per anni questo simulacro della Terra facesse da abat-jour, guida illustrata per infiniti sogni di viaggio in luoghi, per il me di sei anni, esoticissimi. Quel mappamondo risale alla metà degli anni Ottanta e per questo motivo è rappresentazione di una situazione socio-politica che oggi non esiste più nella realtà dei fatti ma che resta indelebile in quei sogni che non ricordo e in quei ricordi dettati esclusivamente dalle vecchie foto, custodite in altre stanze.
Ogni volta che ascolto Giorgio Canali, ragazzo talmente fuori tempo massimo da averlo trasceso il tempo, cattivo maestro impenitente, probabilmente l’ultimo rocker che ci sia rimasto (altro che quelli da Festivalbar e adunate oceaniche), penso a quel mappamondo. Colui che è passato attraverso tutte le cadute e resurrezioni della fenice CCCP/CSI/PGR, che ha superato la caduta del Muro, dell’Urss, del Socialismo, che ha visto morire le ideologie, le idee giù giù fino alla morte del pensiero tout-court. Ecco Giorgio Canali ha visto tutto questo, e il suo viso di cinquantenne ne porta i segni ma lo spirito no, quello ancora ruggisce dentro e fuori, non si è placato, rendendolo meravigliosamente ed eternamente giovane, fastidiosamente giovane per coloro che (e sono tantissimi nel meraviglioso mondo della “musica parlata”) giovani non lo sono stati mai. Perchè giovani si resta fin quando non ci si arrende allo status quo, fin quando lo si urla senza la paura di apparire ingenui o sgraziati. Io non conosco personalmente Canali ma credo che i suoi anni Ottanta siano stati più simili ai miei e a quelli della mia famiglia, fatti di vestiti passati dai cugini più grandi, di gite al mare con la borsa frigo e il pic-nic sui prati ogni santissimo Primo Maggio; piuttosto che a quelli rievocati da tutti i parties a tema, ai quali abbiamo assistito sgomenti negli ultimi anni, fatti esclusivamente di fuffa e Righeira (massimo rispetto).
Insomma a più di vent’anni dal crollo, pardon scioglimento, i Rossofuoco rimangono fedeli alla linea, una linea non più dettata dal Komintern ma esclusivamente dalla voglia di restare umani nonostante tutto quanto di orribile ci capita intorno e “Rojo” sta lì a testimoniarlo, con la macchina da guerra per nulla gioiosa che è. Nascono così brani come “Ci sarà “, “Morire di noja” e i loro versi genuinamente sovversivi perchè portatori di concetti semplici quali gioia, noia e rivoluzione, gli stessi che giornali dai nomi inutilmente altisonanti non sanno capire e quindi bollano come i deliri senili di un invasato. Gli assalti sonori e verbali di “Carmagnola #3” e i toni più pacati, da inguaribile romantico di “Controvento”, tutti si trovano in “Rojo”, disco in cui tutto è chiaro, nel quale Giorgio Canali si apre totalmente all’ascoltatore, rischiando molto di più rispetto al precedente “Nostra signora della dinamite”, cupo e intimista come era, di certo influenzato dal lavoro fatto con Vasco Brondi. Un disco onesto, diretto, sincero, disperato ma per nulla arreso. Un disco bellissimo.
A Giorgio Canali e a tutti i sogni caduti bisognerebbe dedicare un monumento in mezzo all’Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro.
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2. Ci sarà
3. La Solita Tempesta
4. Carmagnola #3
5. Controvento
6. Morire di Noja
7. Treno di Mezzanotte
8. Sai Dove
9. Un Crepuscolo Qualunque
10. Risoluzione Strategica #6
11. Orfani dei Cieli
Ascolta “Carmagnola #3”