Riassuntino per i distratti: nel 1993 “Enter the 36 Chambers” ha cambiato il suono del rap, e i nomi dei membri delWu-Tang Clan, 9 afroamericani da Staten Island, New York, ormai vanno a memoria come la formazione dell’Italia mondiale dell’82: RZAGZAMethodManRaekwonGhostfaceKillahU-GodInspectahDeckOl’DirtyBastardMastaKilla, una di quelle formazioni che si dovrebbero sapere come l’Ave Maria.
Esordio col botto ed una carrellata di dischi solisti prima del secondo disco di gruppo uscito nel 1997, per poi ripartire con la seconda carrellata di dischi solisti. Praticamente, il mercato discografico del rap fu posto sotto sequestro, con risultati eccelsi (sia di qualità che di vendite) fino al 1997, per poi subire un calo (sia qualitativo che, in alcuni casi, di vendite) durato più o meno fino a metà degli anni 00. Fin qui, in due parole, la storia di un gruppo che meriterebbe perlomeno 3 o 4 libri completi.
Quello che non molti al di fuori dei seguaci del rap è che il Clan, da sempre, è sinonimo di una miriade di affiliati più (Killarmy, Sunz of Man< e i beatmaker True Master, 4th Disciple e Mathematics) o meno (Streetlife, Bronze Nazareth e troppi altri) validi, a cui sono state regalate multiple apparizioni nei dischi solisti dei componenti ufficiali e raccolte a loro dedicate. Ecco, questo “Legendary Weapons” è a metà strada tra un lavoro ufficiale del Clan e l’ennesima raccolta dei loro affiliati. Dimenticate le atmosfere date all’ultimo album ufficiale “8 Diagrams” da RZA e le contaminazioni dei due episodi della compilation “Wu-Tang Meets The Indie Culture”, il disco ritorna li dove i fan di vecchia data aspettano da una vita:il suono originale Wu-Tang, che più o meno c’è tutto: i produttori a cui RZA affida il lavoro alle macchine (tra cui Lil’ Fame degli M.O.P.) applicano infatti la formula che ha reso famoso “the Abbot”, quindi lean, snapping beats, campioni di vecchio soul e dialoghi tratti da film di arti marziali: la formula, nella maggior parte dei casi, rende ancora e regge il passare degli anni anche se la sensazione di “già visto” non permette di godere a tutto tondo delle musiche.
Anche liricalmente il disco non si discosta dalle classiche tematiche Wu-Tang, e quindi Shaolin, Killah Hills, droga, storie di strada, messaggi da 5 Percenter (approfondite qui Wikipedia): la differenza non è QUELLO che dicono, ma COME lo dicono. Ed è innegabile che il Clan annoveri alcuni tra i migliori rimatori di sempre: Method Man (presente in una sola traccia), Raekwon, Ghostface Killah. Nonostante l’assenza di Masta Killa e GZA, il resto del nucleo originale dimostra di essere ancora in grado di competere nel rap game, e si nota la ripresa di Inspectah Deck dopo la perfomance non proprio esaltante su “8 Diagrams”. A dare manforte otlre agli affiliati, gli esterni Sean Price (che come suo solito devasta tutto ciò che incontra, in coppia con “‘Face su “Laced Cheeba”), Roc Marciano (che sul suo debutto “Marcberg” ha pagato un evidente tributo al suono del Clan), AZ, M.O.P., Termanology; e Action Bronson, uno dei nomi nuovi del rap americano, che su disco assomiglia in maniera impressionante proprio a Ghostface (il più presente), con cui duetta su “Meteor Hammer” e che fa davvero una gran figura.
Alla fine, prova solida, che ti fa gridare di rabbia ascoltando alcune ciofeche prodotte da chi a suo tempo non sbagliava un colpo. Siete i Wu-Tang, avanti, del mercato potete anche fottervene. E speriamo che questo disco sia l’ennesima pietra sulla strada del disco di gruppo che tutti i fan aspettano.