è difficile nel 2011 creare, soprattutto se il tuo nome viene ripetutamente accostato a quello di un mostro della musica popolare americana, tale Bruce Springsteen. Devi fare i conti con la paura di fallire, del dovere dimostrare di essere all’altezza di tali paragoni ma non devi cadere nel tranello di cercare a tutti i costi di superare il tuo ‘maestro’, sarebbe un grosso errore e Brian Fallon lo sa, sa che ‘mostri’ come il Boss sono inarrivabili, e con l’umiltà , che lo caratterizza, tira fuori un album ben fatto, che non rimarrà nella storia come “The River” o “Born In the Usa”, ma ci farà capire che una nuova generazione di artisti è in grado di portare avanti la ‘parola’ dei vecchi.
I Gaslight Anthem non si sono sciolti, tranquilli. Fallon s’è voluto prendere un ‘disco sabbatico’, per poter mettere nero su bianco, senza la pressione di dover fare necessariamente un album punk, la sua passione per il roots blues-rock made in Usa. Per farlo si è fatto affiancare dal roadie dei GA, nonchè grande amico, Ian Perkins, polistrumentista con i controcazzi, e non scusate il francesismo.
“Elsie” è un album soul, non stò parlando di genere, piuttosto delle emozioni che riesce a suscitare nell’animo di chi ascolta. Pensieri che si accumulano durante un viaggio lungo quelle infinite autostrade americane (I drive this car through the city every night/ There’s a quiet I never heard before), di notte, con sullo sfondo il deserto, la luna e milioni di stelle e il nome di una ragazza che ti gira per la testa e il suo profumo ancora “incollato” alla tua camicia (I heard the moon has visions of her nightly/ I heard the mighty rivers cry out her name).
Dopo l’avvio semi-gospel di “Last Rites” pezzi più ruvidi, “Go tell everybody” con intro un po’ troppo a-la Kings of Leon va detto, e “Mary Ann” dal testo quasi inquietante in cui la voce rabbiosa di Fallon viene sostenuta dalla robustezza dei riff di chitarra, si alternano a dolci ballate (negli arrangiamenti, poi le liriche si fanno più cupe) come “Cherry Blossoms” e “Black Betty & the Moon” e a pezzi più sbarazzini che vanno a toccare anche generi inaspettati come il reggae, “I witness a crime”.
“Un inno per persone sole”, come lo stesso Brian Fallon lo ha definito, di sicuro questo album potrà farci compagnia durante le grigie e uggiose giornate autunnali. Non farà uscire allo scoperto il sole ma riuscirà a riscaldare il cuore di molti, ricordando che è ancora possibile, nel 2011, riuscire a creare Classici, che per forza di cose, ahi noi, tra una settimana in pochi già ricorderanno.
Photo: Bandcamp