Il corpo alieno MoRkObOt torna a farsi sentire sul Pianeta Terra nell’anno di disgrazia 2011 e lo fa nel modo più rude, furioso e compatto possibile, dando alle stampe “Morbo”, opera monolitica e magmatica allo stesso tempo. L’ascoltatore tapino, cioè io, non può fare altro che infilare le cuffie migliori e lasciarsi atterrire da volumi e tiro disumani; come disumana è la musica forgiata dal trio delle meraviglie Lin, Lan e Len, nel mio immaginario sempre più simile ad un Marte tricefalo che picchia come un pazzo su due bassi e una batteria, chiuso nel suo antro vulcanico alle porte dell’insospettabile Lodi.
Sette pezzi di psichedelica cacofonia che portano ad un nuovo livello superiore e mai toccato prima il gioco al masacro di una delle band più misteriose e fascinose del panorama nazionale, una delle poche cose che il resto d’Europa ci invidia davvero. Archiviata la trilogia formata dai precedenti “Morkobot” – “Mostro” – “Morto”, qui l’impasto musicale si fa più stratificato, intricato, mostrando la carne e i nervi della belva e non più solo i denti. Un meraviglioso mare in tempesta ancestrale in mezzo al quale non c’è tempo di pensare ma solo lasciarsi dilaniare e godere del sabba perchè c’è qualcosa di primitivo e morbosamente sacro in brani come “Ultramorth”, “Orktomb” e “Oktrombo” e gli altri titoli-calembour (marchio di fabbrica del trio).
Al quarto disco i MoRkObOt hanno assodato un loro linguaggio inconfondibile, un modo di fare musica che rapisce anche chi, come me, non è frequentatore del metallo, e che ora promette di sconvolgere il modo stesso di intendere l’heavy listening. Sono pazzi questi italiani.