Sono seduto in treno, fuori solo una fitta nebbia e tanto freddo, davanti a me due cinesi che mi scrutano dalla testa ai piedi, mentre sto per cominciare a mettere ordine a tutte le emozioni vissute la scorsa sera davanti ad uno degli artisti più importanti di questi ultimi vent’anni di musica, nonchè il mio artista preferito, Noel Gallagher. Non è facile descrivere e parlare nel dettaglio di un concerto, quando davanti a te non hai un gruppo o un musicista qualunque, ma colui che ha segnato la tua adolescenza, e sta continuando a significare molto per te tutt’ora, ora che non sei più un brufoloso studentello di un qualsiasi liceo, ma stai diventando piano piano un uomo. Tutta via ci si prova, anche se non si sa di preciso da dove cominciare (dall’attesa? dall’ansia vissuta ad aspettare al freddo e al gelo fuori dall’Alcatraz? dal suo ingresso?).

(Questo è l’inizio di un ‘emozionante’ live report) Milano. 28.11.2011. Alcatraz. Ore 21. Noel Gallagher, la storia del britpop, l’autore di numerosi capolavori mette piede sul palco, seguito dalla sua nuova band (Jeremy Stacey, Russell Pritchard, Mike Rowe e Tim Smith), e mette i brividi solo a pensarlo, pensare che ora Noel fa tutto da solo, e che sul palco non sbucherà  il fratellaccio Liam (la stessa sensazione la si è avvertita assistendo al concerto dei Beady Eye, qualche mese prima). Si ha davanti un ometto mingherlino, di, si e no, un metro e settantantacinque. Un ometto imbronciato, introverso, ma capace di far luccicare gli occhi a tutti i duemila presenti quando imbracciando la sua chitarra comincia a cantare classici, inni, che hanno fatto la storia di un gruppo di cui lui era la mente. Noel si sente libero ora e non è un caso apra il suo concerto milanese con la oasisiana “It’s Good to Be Free”, seguita dal blocco di nuovi pezzi che già  riescono già  a farti accapponare la pelle (“Everybody’s on the Run” e “If I Had a Gun”) e ad elettrizzare la serata, rimandando a ciò che furono i compianti Oasis (“Dream On” e le bsides “The Good Rebel” e “Freeky Teeth”). Noel è di poche parole, rimane da solo sul palco e da inizio al breve set-acustico da brividi con le ‘vecchie’ “Wonderwall” e “Supersonic”. Poi il secondo blocco di nuovi pezzi, da “Record Machine” a “AKA..What a Life” (dedicata all’idolo dei tifosi Citizens Balotelli), fino ad arrivare alla scarica elettrica di “Broken Arrow” e al massiccio rockblues di “The Wrong Beach”.

Nel mezzo il mancuniano ci infila altri due pezzi storici, “Talk Tonight” e “Half the World Away”. Noel esce dal palco e si comincia ad avvertire aria di fine. Rientra sul palco. Il pubblico chiede a gran voce “The Masterplan”. Noel con la sua pungente ironia risponde che “su Itunes costa solo 1 euro” e tira dritto con “Little By Little” e la kinksiana “The Importance of Being Idle”. E’ l’ora di abbracciarsi, stringersi, far scendere il magone. Le note di “Imagine” aprono “Don’t Look Back In Anger”. Braccia in aria e si canta a pieni polmoni. Lacrime, applausi, abbracci. Noel ringrazia il suo Popolo, il Popolo che rivorrebbe dietro i suoi Oasis e che attende ansioso il 2015″….perchè la favola Oasis merita un finale diverso.

Foto thanx to Claudia Rasmussen

Setlist
(IT’S GOOD) TO BE FREE
MUCKY FINGERS
EVERYBODY’S ON THE RUN
DREAM ON
IF I HAD A GUN”…
THE GOOD REBEL
THE DEATH OF YOU AND ME
FREAKY TEETH
WONDERWALL
SUPERSONIC
(I WANNA LIVE IN A DREAM IN MY) RECORD MACHINE
AKA”… WHAT A LIFE!
TALK TONIGHT
SOLDIER BOYS AND JESUS FREAKS
AKA”… BROKEN ARROW
HALF THE WORLD AWAY
(STRADED ON) THE WRONG BEACH

Encore: 18. Little By Little 19. The Importance of Being Idle 20. Don’t Look Back In Anger

-encore

LITTLE BY LITTLE
THE IMPORTANCE OF BEING IDLE
DON’T LOOK BACK IN ANGER