Ho atteso con molta ansia questo concerto. “C’Mon” dei Low, senza se e senza ma, è tra gli album più significativi del mio 2011. L’ho ascoltato per la prima volta in pausa pranzo: cuffie e via con “Try to sleep”. Emozioni inaspettate, occhi lucidi: obiettivo raggiunto.
Completamente rapita dall’album inizio a sperare in una data dei Low in Italia. Accontentata. L’ultima volta che ho visto i Low dal vivo risale al 2003: erano il gruppo spalla dei Radiohead a Ferrara.
Ci siamo.
Il concerto è avviato dai pavesi Emily Plays. Emozionatissimi riescono a creare un’atmosfera molto suggestiva.
Alle 22 circa c’è il cambio testimone: ecco i Low.
Il debutto del concerto è affidato a “Lazy” e “Lullaby” (tra i miei brani preferiti dei Low e per giunta del loro mio album preferito “I could live in hope”) disegnano un’atmosfera sognante ““ dolcemente sofferta – e segnano il mio ko.
Seguono ineccepibili esecuzioni di “You see everything” e di “Especially me”, a parere mio tra i pezzi più toccanti del nuovo album.
Eccezionale “Monkey” dall’album “The Great Destroyer”.
Non si fa neanche caso al leggerissimo cedimento di Sparhawk che, incitato dal pubblico in un ritmato applauso di accompagnamento, stupisce nella lievissima e delicatissima ballata “Sunflower”.
A voler essere rigidi: gli unici passi falsi della scaletta sono stati “Try to sleep” e “Laser beam”.
Il primo troppo lento, non travolge, il secondo sembra non chiudere fino in fondo questo concerto.
Ripensare a questo concerto è anche godere della sintonia e dell’empatia della coppia in musica e non solo, composta da Alan Sparhawk e Mimi Parker (con la sua ipnotica ed eterea voce) e alle belle cavalcate di chitarra e basso (Steve Garrington).
Peccato per l’acustica.