Gil (Owen Wilson) è uno sceneggiatore hollywoodiano con aspirazioni da scrittore in vacanza a Parigi con la futura moglie Inez (Rachel McAdams) e i suoceri per cercare di ritrovare l’ispirazione perduta per un romanzo. A causa di un corto circuito temporale misterioso ogni sera a mezzanotte verrà trasportato nella magica Parigi degli anni 20 in cui incontrerà tutti i suoi artisti preferiti nel pieno del fermento culturale di quell’epoca d’oro.
Nel tentativo di prolungare questi suoi incontri privilegiati tenta di ripetere il “miracolo” ogni notte destando i dubbi del suo futuro suocero insospettito dalle sue fughe notturne.
Woody Allen continua il suo Grand Tour nelle capitali europee e questa volta sceglie Parigi una delle sue città più amate e già utilizzata come sfondo narrativo in “Tutti dicono I love you” film del 1996 in cui è indelebile la scena di Goldie Hawn che volteggia elegantemente per aria danzando lungo le rive della Senna.
La capitale francese deve ispirare nel regista newyorchese qualche magico incantesimo se anche in questa pellicola decide di affidare le sorti della pellicola ad un espediente narrativo già ampiamente abusato dalla cinematografia recente per omaggiare con il proprio tocco personale i suoi miti e riferimenti artistici del passato privilegiando l’epoca d’oro della Parigi degli anni 20.
Il cinema di Allen continua circolarmente a ruotare attorno ai temi cari rimpastati e farciti ogni volta in maniera diversa, cambiano gli ingredienti e i suoi alter-ego ma la sostanza rimane la stessa. Certo qui il suo sguardo si amplia “importando” dal passato figure imponenti del mondo letterario e artistico deliziando i cultori con scambi di battute e dialoghi vivaci e sfiziosi riuscendo ad affascinare anche coloro che non conoscono i personaggi che sfilano fugacemente sullo schermo ed è qui che risiede uno dei punti di forza del film. Tutta la parte “onirica” della pellicola ambientata nel passato sembra funzionare mentre è proprio il presente narrativo a destare molti dubbi sia in fatto di recitazione che di sceneggiatura risultando un po’ forzata e poco funzionale.
Penalizzato anche da un doppiaggio italiano pessimo Allen risulta meno brillante del solito, con qualche solito guizzo geniale ma meno cinismo, che in fondo è la parte che più adoriamo e si esce dalla sala soddisfatti ma con quel tedioso senso di incompletezza che serpeggia nell’aria come esser stati sedotti ma poi abbandonati dalla propria amante.
Un Allen diverso, più “popolare” del solito (gli incassi al botteghino per un suo film sono i più alti di sempre) che deluderà alcuni fan ma ne accoglierà di nuovi al proprio cospetto.