Senza troppi giri di parole, ecco il primo capolavoro (definirlo italiano sarebbe riduttivo) del 2012 e lo firmano i Ronin, giunti al quarto diamante di una carriera in continua crescita. Nati nel 1999 dall’insaziabile voglia di musica di Bruno Dorella (batteria dei Wolfango prima, di Bachi Da Pietra e OvO poi) e dal tentativo di unire il western morriconiano ad un certo folk mediterraneo e balcanico, cucendo il tutto con chitarre affilate, oggi i Ronin sono una realtà ben assodato seppure cangiante all’interno della scena indipendente europea. La band appare rinnovata in alcuni nomi, vedi il batterista e artefice delle registrazioni di “Fenice” Paolo Mongardi (già ascoltato nei tellurici Zeus!), oppure il “prezzemolino” Enrico Gabrielli che orchestra e suona fiati e tastiere ma pure nelle intenzioni, aggiungendo all’ampia gamma di suoni già frequentata in passato, puntate nel jazz e nel post-qualcosa di marca Battles (si ascolti la seconda parte della sorprendente “Jambiya” per credere).
Il trittico iniziale formato da “Spade”, “Benevento” e “Selce” è una carrellata country-psichedelica con digressioni nel blues e nel fingerpicking (la prima) e cavalcate rockeggianti (la seconda), che non sfigurerebbe nella colonna sonora del prossimo film di Tarantino. Il già citato “Jambiya” è brano-chiave dell’album nonchè della carriera della band perchè racchiude tutto ciò che i nostri hanno mostrato sin qui e svela ciò che potranno essere; una danza western che si apre a venature poliziottesche (qui Gabrielli qualcosa c’entra per forza) fino a lambire i confini del math-rock. La pacatezza della title-track, fatta di intrecci di corde sfiorate e il violino di Nicola Manzan (Bologna Violenta) apre all’unico brano cantato del disco, “It Was a Very Good Year” tratto dal canzoniere di Frank Sinatra e interpretato con intensità da Emma Tricca in un’atmosfera da “Blue Velvet”.
I nostri ci regalano ancora sorprese con la swingante “Gentlemen Only” e l’intensissima ed evocativa “Nord”, capaci di mandare in visibilio chiunque porti nel cuore le atmosfere desolate di un certo cinema d’autore. Chiude le danze con grande effetto “Conjure Men”, che si avvale di una sezione fiati straordinaria, per un finale di sicuro effetto in coda ad un disco nel quale si fatica a scegliere il brano preferito e del quale si fatica a fare a meno.
2. Benevento
3. Selce
4. Jambiya
5. Fenice
6. It Was A Very Good Year
7. Gentlemen Only
8. Nord
9. Conjure Men