Confusion will be my epitaph King Crimson
Londra, prima metà degli anni settanta. Il Circus inglese è completamente immerso nei rapporti di potere/forza nati in seguito alla Guerra Fredda. “‘Control’ (John Hurt) è l’ex capo dimissionario responsabile del fallimento di una recente missione in Ungheria. Sempre meno convinto della casualità di quell’incidente, inizia a diffondere ai vertici dell’intelligence la voce che nel board anglosassone si nasconda una spia russa. Tra i quattro si distingue la figura di “‘Smiley’ (Gary Oldman), il quale dopo esser stato costretto alla pensione in seguito alla partenza di “‘Control’, viene incaricato da un ufficiale governativo a indagare sulla faccenda. Con il prezioso aiuto di Peter Guillam (Benedict Cumberbatch), “‘Smiley’ scala a tentoni una montagna criptica e mutante fatta di cartelle incomplete e missioni cariche di zone grigie. A non convincerlo è in particolare l’operazione strega, piano d’azione che si rivelerà poi direttamente collegato con la tana della talpa sovietica.
Lo svedese Tomas Alfrendson, regista praticamente alle prime armi se non si considera “‘Lasciami entrare’ e qualche lungometraggio non uscito dai suoi confini nazionali, ci presenta una pellicola certosina, caratterizzata dalla minuziosa ricostruzione spazio temporale. L’atmosfera, il vestiario e l’espressione degli 007 della Londra anni settanta vengono riportati in vita con stile di dedizione coadiuvando regia, fotografia e musica in un trittico inscindibile. La vera pecca è che questo trittico gioca per tutta la durata del film a fare l’elitista, rifiutandosi con fermezza di allargare il podio al quarto concorrente in gara: la sceneggiatura. Il romanzo di Le Carrè appare così svalutato e rilegato in secondo piano, un errore gravissimo per un quadro che aveva la pretesa di definirsi thriller. Le scene si susseguono, i flashback aumentano ma lo spettatore continua a non capire niente. Improvvisamente alla fine tutto torna, si capisce chi è la talpa; ma è troppo tardi, una valanga di storie e particolari sono ormai andati perduti.
All’uscita dalla sala i commenti sono estremamente dicotomici: genio o follia. Il problema in questo caso non è scegliere. Chi lo aveva apprezzato capirà , dopo aver mangiato un boccone, che d’illuminante c’era veramente poco e che l’occhio era stato invece banalmente sedotto da una cornice di spettacolarizzazione: si erano battute le mani ma non si era compreso nulla.