Siamo negli anni 60 a Jackson in Mississipi, Eugenia “Skeeter” Pelan (Emma Stone) torna a vivere a casa dopo gli anni universitari ma a differenza delle sue coetanee Skeeter è interessata soprattutto alla sua carriera piuttosto che mettere su famglia con relativa prole con grande costernazione da parte delle amiche già sposate e sua madre.
Trova un impiego presso un giornale locale in cui deve rispondere alla posta delle casalinghe ma impreparata sull’argomento inizia a farsi consigliare dalla domestica di una sua amica, Aibileen (Viola Davis) che lentamente inizia a raccontarle la commovente storia della sua vita.
Skeeter, incoraggiata da un importante editore newyorkese, inizia a lavorare in segreto ad un progetto letterario in cui sono coinvolte altre cameriere di colore della città amiche di Aibileen e le loro storie, lavoro che mira a svelare i più radicati pregiudizi razziali della piccola comunità di Jackson ed un grido di speranza che scuota la nazione intera.
è la storia di una favola reale, di un progetto fortemente voluto e coronato da ben 4 nomination all’oscar. Ma andiamo con ordine. Il regista Tate Taylor e la scrittrice Katryn Stockett sono nati e cresciuti proprio a Jackson nonchè amici da sempre. Prima di pubblicare l’omonimo romanzo (che poi sarebbe diventato un caso letterario ed un grandissimo best seller) la Stockett se lo è visto rifiutare dalle case ditrici ben sessanta volte. L’amico regista Taylor dopo aver letto il manoscritto e prima ancora che fosse pubblicato decise immediatamente di acquistarne i diritti per farne un film. Propose il progetto al produttore Brunson Green, anch’egli di Jackson ed insieme decisero di trovare una società di produzione che fosse disposta a finanziare il progetto. Dopo vari anni i loro sforzi vengono premiati e finalmente il progetto si concretizza grazie anche all’interesse della Dreamworks; il seguito è storia recente. Costato appena 25 milioni di dollari solo negli Stati Uniti sbanca il botteghino incassandone 170, plausi entusiastici anche dalla critica e conseguenti nomination all’oscar.
Quali sono le ragioni di tale successo? Anzittuto le interpreti, cast eccezionale tutto femminile (Viola Davis, Octavia Spencer e Jessica Chastain tutte candidate all’oscar oltre alla brava Emma Stone) che in un film corale fa la differenza. E poi il dècor patinato degli anni 50 tornato in voga oggi, con l’abbigliamento gli abiti e le pettinature che nell’era della retròmania attuale s’incastra alla perfezione. Menzioni particolari alla spettacolare scenografia di Mark Ricker e la vivace fotografia di Stephen Goldblatt. Tutti ingredienti che miscelati a dovere hanno contribuito all’inaspettato successo della pellicola.
Certo la sceneggiatura è probabilmente il punto debole, classica e un po’ ruffiana, che non piacerà ad una certa critica “raffinata”, ma i temi dell’intollerenza e dei pregiudizi razziali qui sono dipanati con profonda autenticità , seppur con fatti inventati tant’è che lo stesso regista ha dichiarato che negli anni sessanta in una città come Jackson era alquanto improbabile una cooperazione tra diverse cameriere di colore. La messa in scena pero’ relega in secondo piano le fredde congetture razionali per lasciare spazio ed abbandonarsi al tepore caldo e confortante delle emozioni sciorinate a più riprese durante la durata (lunga) del film.
Perfettamente bilanciata tra ironia e drammaticità la pellicola di Taylor dribbla gli scetticismi iniziali e le accuse di inautenticità storica con una regia pulita e non ingombrante che punta tutto sul valorizzare le straordinarie interpreti sottolineando ancora una volta come il tema razziale sia una ferita ancora aperta negli Stati Uniti ““ oltrechè materiale sempre pregiato per sceneggiature hollywoodiane di successo – attestandosi prepotentemente con nuovo ardore nel filone dei grandi classici del genere quali “Il Buio Oltre La Siepe” “La Lunga Strada Verso Casa” e “Il Colore Viola”.