Un disco nuovo di Paul McCartney nel 2012? Pensavo fosse morto più o meno quarantacinque anni fa e l’avessero sostituito con un impostore o che al limite dopo il recente matrimonio avesse deciso di ritirarsi dalle scene per godersi la vita di coppia con la nuova mogliettina e/o curare le proprie fluenti chiome (le foto di Paul McCartney durante e dopo la cerimonia nuziale sono semplicemente agghiaccianti, aveva una pettinatura che neanche Cesare Ragazzi) ed invece no, è tornato con un disco nuovo che suona in stile jazz anni ’30 fatto degli standard jazz che il simpatico Paul era solito ascoltare da ragazzino ““ con la batteria spazzolata, le atmosfere soffuse, il fumo di sigaretta che si taglia col coltello, la voce da crooner ed altre cose così. Mentre lo ascolti ti viene quasi spontaneo cercare il cameriere per ordinare un Martini con un’oliva, ed un po’ ci rimani male quando ti rendi conto che il cameriere non arriva e mai arriverà perchè è jazz anni ’30 e non il Rat Pack, per Dio.
E come suona questo disco del buon Paul? Suona inaspettatamente bene ““ al netto della mia totale ignoranza degli standard jazz anni ’30, o forse suona bene proprio per questo. Un disco che piace alla gente che non ne sa e se ne vanta, direi. Certo, McCartney non ha più nulla da dire da almeno vent’anni ed i bei tempi son per lui ormai un ricordo, però mantiene sempre una certa classe anche quando tenta di percorrere sentieri per lui inediti (“It’s Only a Paper Moon”, “Always”, “My Valentine”), sentieri che rappresentano più un divertissement che una reale intenzione di rimettersi in gioco a settant’anni suonati (e ci mancherebbe). Io che mi aspettavo una fotocopia scolorita di “Say Say Say”, “Band On The Run”, “No More Lonely Nights” ed altre sue megahit (che non elenco per questioni di spazio ma che conosco a menadito visto che la mia infanzia è stata segnata dall’ascolto compulsivo di una copia tarlocca del suo “All The Best!” acquistata in spiaggia da un vu cumprà ) sono rimasto piacevolmente sorpreso da questo “Kisses On The Bottom” (notare la delicatezza del titolo tipica di chi ormai può permettersi tutto), ed anche se non grido di certo al miracolo ascolto e riascolto questo disco con il sorriso sulle labbra.
Niente male per essere l’opera di uno morto da così tanto tempo. “Kisses On The Botox” sì, ma con la solita classe.