Baci dalla provincia parte prima. Ovvero come un gruppo reggiano piuttosto in voga raccolga idee e strumenti, si ritiri in uno studio non lontano da casa per raccontarci un pezzo del nostro Paese, quello che conosce meglio.
Non credevo ci potesse essere vita dopo “Socialismo Tascabile“. Con gli anni mi sono dovuto ricredere eppure in quel marzo 2005 sembrava di essere di fronte alla più luminosa delle stelle comete, una rivelazione, quasi che quella rivoluzione terrestre tanto attesa avesse preso forma di spettro musicale e non ascoltammo altro per i sei mesi successivi. Un terzetto improbabile da Reggio Emilia aveva fermato il tempo e ci aveva reso la cronaca di un tempo lontano e meraviglioso. Nessuno prima aveva regalato un’epica alla vita di sezione, nessuno ci aveva mai raccontato con tanto entusiasmo di paradisi socialisti, di Lenin sindaco e delle bianche navi di Arcangelo.
Diciamo pure che oggi gli Offlaga Disco Pax, giunti con “Gioco di Società ” al terzo album, hanno perso l’alone mitologico e sono entrati nel panorama dell’indie italico come qualcosa di assodato, come una “Sequoia”, non di meno resta interessante ascoltare i racconti di Max Collini. Storie che mai come oggi guardano alla sua adolescenza e nei quali la politica, sempre molto presente in passato, rimane in sottofondo e i personaggi ne sono osservatori esterni. Avviene così in “Respinti all’uscio” (titolo esplicativo) e “Piccola storia ultras” nei quali vengono raccontano tumulti causati da concerti a cui non si è preso parte o cori da stadio che solo anni dopo vengono compresi. Come al solito i testi degli Offlaga non sono puri semplici ricordi ma pretesti che riconducono ad una lettura sociologica della vita, ma non di quella sociologia da suddividere in moduli e crediti universitari bensì di quella che regola l’esistenza di ognuno.
Appaiono comunque delle novità in “Gioco di Società “, ad esempio un lavoro di sottrazione proprio nei testi, ogni parola risulta funzionale al racconto e non vi è spazio per citazioni e giochi di parole. Le altre si notano dal punti di vista musicale: più basso e tastiere e meno chitarra, volumi più bassi e maggiore tendenza a creare un vero tappeto alle storie raccontate (il recente lavoro con la strumentazione “vintage” deve aver giocato un ruolo importante). In generale si nota una tendenza del terzetto emiliano ad una maggiore pacatezza e riflessività , l’eliminazione dei picchi di acredine e drammaticità a favore dell’ironia e di una certa amarezza di fondo (pure quando si accusa l’Occidente degli alterni e subalterni rapporti con Muhammar Gheddafi nella già citata “Piccola storia ultras”).
Un lavoro di ottima fattura ma di minore impatto rispetto a “Socialismo”, che non raggiunge i picchi drammatici di brani come “Sensibile” o “20 minuti” contenuti nel secondo album “Bachelite” ma che sa come raccontare tratti di vita sublimandoli in brani di epopea. Come avviene in particolare in “A pagare e morire…” e “Tulipani”. Quest’ultima riporta alla mente la tragica e ottusa cavalcata del ciclista Johan Van Der Velde, che rischiò di morire assiderato a giugno sul Gavia nel Giro d’Italia 1988. La tappa la vinse Erik Breukink e il Giro fu portato a casa da Andrew Hampstein ma ciò che più si ricorda e che oggi viene eternato in un brano delicato e attonito, come può essere lo sguardo di chi vede un tulipano ciclamino pronto a morire pur di preservarsi, è l’impresa di un biondo olandese impaziente e coraggioso.
La vita è poco più di schiocco di dita senza epica. L’ho imparato tempo fa e gli Offlaga Disco Pax stanno lì a ricordarmelo.