Un giorno Mike Hadreas e sua madre si sono contati i battiti del polso per accertarsi di essere reciprocamente vivi. Il ragazzo di Seattle aveva già inciso un disco sotto lo pseudonimo di Perfume Genius, aveva già assunto certe droghe e aveva già cercato di morire.
Alcuni episodi li ha raccontati nell’esordio lo-fi “‘Learning’ (dove lo-fi vuol dire esattamente quello: una registrazione trascurata, in cui si sentono i cani di tua madre che abbaiano in giardino) costruito attorno a quello che è diventato il marchio di fabbrica di Perfume Genius: devo dire questa cosa, non importa quanto sia brutta. Devo dirla il prima possibile.
Con una voce scricchiolante, delicata ai limiti del comprensibile, nel 2010 Perfume Genius aveva raccontato la sua adolescenza fatta di violenze poi non tanto segrete, musicassette dei Joy Division scambiate come pegno con uomini più grandi, fiori pressati nei libri e morti inaspettate.
Adesso torna con un disco più consapevole e raffinato, ma il pop è solo un travestimento: qualcuno deve avergli detto che la sua sofferenza non era poi così speciale, così Mike Hadreas ha smesso di raccontarci quanto è inadatto e ci ha spiegato che siamo tutti inadatti ma degni di essere amati lo stesso. Il buonismo in chi non ha cicatrici è imperdonabile.
Ma i buoni sentimenti di chi è sopravvissuto, malgrado quel retrogusto da riunione in canonica tra vecchi alcolisti dove tutti si abbracciano in continuazione, sono più che accettabili. Una delle leggi non scritte più tediose dell’underground stabilisce che c’è più onore in una vita distrutta piuttosto che in una vita che sceglie di difendersi.
Era tutto meglio prima: quando c’erano tagli abusi e concussioni; della resurrezione importa poco, ammesso che importi qualcosa.
Il fatto è che Perfume Genius non ha dimenticato da dove e da cosa viene: in “Dark Parts” parla delle violenze sessuali subite dalla madre: ha scritto questa canzone per trasformare un episodio atroce della sua vita in qualcosa di trionfante e restituirglielo, spiega sul sito della Matador. “Awol Marine” prende ispirazione da un attore di porno amatoriali che cerca di pagare le cure mediche della moglie, mentre “17” è la lettera di suicidio che secondo lui qualsiasi adolescente omosessuale pensa di voler scrivere prima o poi.
Di materiale sufficiente a provocare il mal di stomaco c’è n’è abbastanza, ma Perfume Genius lo tratta in maniera fiabesca, da bambino, con echi del primo Sufjan Stevens. Questo non disinfetta il dolore ma lo rende reale, tollerabile: è un’operazione etica più che artistica.
Il tutto viene affrontato con le armi del pop “‘pesante’: la intro di “Not Tear” evoca “I’ll Stand By you” dei Pretenders, “Dirge” deve il nome a una poesia di Edna St.Vincent Millay, “Floating Spit” è una b-side di Phil Collins, “All Waters” è degna delle lacrime dei protagonisti di “Shame”.
“Put Your Back N 2 It” è attraversato da una sofferenza oltraggiosa e da una dolcezza sublime, e ci insegna quanto bisogna andare in alto per raccontare l’abisso: da questo punto di vista “Dark Parts” è la canzone più importante scritta dopo “Cripple and the Starfish” di Antony and the Johnsons. Trasfigura e trascendi, fatti carico delle imperfezioni degli altri, intercedi con grazia. A metà tra un sermone e un film di Gus Van Sant, Perfume Genius ci regala un disco bellissimo, autorevole, catartico. Fino adesso, la prova migliore del 2012.
2. Normal Song
3. No Tear
4. 17
5. Take Me Home
6. Dirge
7. Dark Parts
8. All Waters
9. Hood
10. Put Your Back N 2 It
11. Floating Spit
12. Sister Song