Agli Orbital si deve rispetto, punto e basta. Questa è gente che ha sciolto il cervello nell’acid house (non sono riuscito a trattenermi dal pronunciare una frase del genere anche se tecnicamente gli Orbital non hanno mai prodotto acid house. A mia parziale discolpa valga il fatto che spesso e volentieri nelle loro composizioni hanno utilizzato le acidissime bassline della Roland TB303), questa è gente che ha perso un sacco di neuroni in una battaglia volgarmente detta IDM (poi qualcuno un giorno mi spiegherà il perchè ed il percome di una classificazione da complessati come quella di “Intelligent Dance Music” – forse la dance ignorante ha meno dignità di tutto il resto? Non è tutta house oppure techno come insegna il buon vecchio Christian Zingales?) ed è perfino riuscita ad arrivare a Top Of The Pops ““ non facendo nemmeno la fatica di fingere di suonare e regalando una performance di avanguardia pura, tra l’altro ““ a Glasto e/o in altri luoghi di prestigio dove arriva chi ha raggiunto il successo di massa in terra albionica.
Detto questo, posso solo affermare che un loro disco nuovo nel 2012 non me lo sarei mai aspettato. Tante, troppe reunion ma non loro, non ora (si son riuniti tre anni fa, ufficialmente solo per un tour. Si vede che poi ci hanno preso gusto). E posso aggiungere che non mi sarei mai e poi mai aspettato un disco così in palla come “Wonky”. Certo, è roba già sentita e strasentita, ma alzi la mano chi al giorno d’oggi riesce a trovare ancora musica che non sia mai stata già suonata da altri (e spesso suonata anche meglio, ma stendiamo un velo pietoso). Alzi la mano chi trova un gruppo/un musicista che sia in grado di inventare ancora qualcosa. Alzi la mano chi si rende conto che gli Orbital qualcosa di enorme lo hanno già inventato più o meno dal 1989 al 1996 e non possono più inventare nulla, sarebbe pretendere troppo da loro (e dai loro neuroni persi nella battaglia di cui sopra). Ed allora che gli Orbital passino all’incasso e prendano a pedate nel deretano (avrei voluto scrivere “calci nel culo” ma non me la sono sentita, troppo impegnativo prendere una posizione del genere) coloro i quali su loro intuizioni hanno costruito una parvenza di carriera (mi viene in mente James Blake, ma potrei sbagliarmi ““ colpirne uno per educarne cento comunque, come spesso e volentieri diceva Albertino nel Deejay Time 1994 circa. Anzi no, era la sciùra dei Datura che lo affermava con pesante accento colombiano) o chi si atteggia a superstar quando in realtà suona nient’altro che feccia dubstep da autoscontro di periferia (ogni volta che vedo/sento Steve Aoki penso a quanto erano belli i tempi in cui negli autoscontri di periferia imperava “Saturday Night” di Whigfield con relativo video contenente messaggio subliminale satanico, ma poi mi passa).
Dicevo, “Wonky” è un disco dalle due anime diverse eppure complementari. Da una parte gli Orbital portano avanti il discorso interrotto anni ed anni fa suonando come una versione aggiornata degli Orbital dei bei tempi che furono (“Distractions” pare addirittura uscita dal repertorio dell’epocale Aphex Twin di “Richard D. James Album” ma con una ritmica dritta e meno schizoide, “Stringy Acid” è il 1994 e con la title track “Wonky” il cervello ad un certo punto inizia a colarti dalle orecchie) mentre dall’altra provano a blandire le giovani generazioni cresciute a pane e Skrillex con quella bomba di ignoranza technoide che risponde al nome di “Straight Sun”, con la scricchiolante “Beelzedub” e con l’ospitata che-non-c’entra-un-fico-secco-ma-ci sta-a-pennello di Zola Jesus in “New France”. Sembra quasi che il disco sia stato messo insieme in tutta velocità e nello stesso tempo con grande intelligenza, accostando vecchie registrazioni/fondi di magazzino a brani imbastiti tanto per giustificare/impreziosire l’inaspettato ritorno, eppure suona alla grandissima ““ soprattutto se si considera il livello della concorrenza. Bentornati Orbital, c’era davvero un gran bisogno di voi nel 2012. Ora per cortesia rimanete.
Credit Foto: Kenny McCracken