Per chi, come il sottoscritto, studia fuori sede, il ritorno a casa e l’abbraccio dei propri familiari e cari vecchi amici è caratterizzato da tutta una serie di colori e odori. Quello della cucina di tua madre, per esempio, che per quanto possa aver imparato a cucinare per te, sarà sempre più caleidoscopica e ricca della tua. Stesso discorso si può fare per chi, dopo una giornata di lavoro, torna a casa e riabbraccia consorte e figli. Insomma, un bel quadretto alla “Robinson”. (Mai serie tv mi ha ispirato tanta armonia, e quelle immagini riviste ora a distanza di anni su qualche canale del digitale terrestre, così poco HD e così tanto “di grana grossa”, qualche emozioncina me la danno.)
Ecco, essere davanti al palco dei Magazzini Generali l’altra sera, dove Michael Kiwanuka, astro nascente del soul inglese si è esibito con la sua band al seguito, era un po’ come assistere alla visione di un’oretta dei “Robinson”. O, se preferite, come tornare a casa e organizzare una cena con i compari di sempre.
Il clima che Michael crea con una platea ben cospicua e piuttosto variegata anagraficamente parlando è subito di grande complicità e affabilità : addirittura fermando tutto a un certo punto perchè non aveva udito ciò che una signora gli stava dicendo. E’ evidentemente emozionato (ha spesso gli occhi lucidi) ma deciso a proporre se’ e la sua musica, se’ e tutta la sua (pur giovane, il ragazzo ha solo 24 anni) storia: la sua ricerca di Dio, la sua fede (“I’m Getting Ready”), i suoi omaggi (la hendrixiana “Waterfall” – aka “May This Be Love” – dedicata alla memoria di Levon Helm deceduto il giorno prima, e “I Don’t Know” di Bill Withers), le sue aspettative (“Always Waiting”), le sue collaborazioni illustri (“Lasan”, incisa in collaborazione con Dan Auerbach, metà dei Black Keys).
Già perchè non è che lo stiamo scoprendo noi il ragazzo: già la BBC lo ha premiato come best new sound of 2012 (ci erano passati anche James Blake e Adele), mentre il resto della stampa inglese lo paragona a un mostro come Otis Redding. In attesa di esprimere giudizi di valore sulla base di pochi (ma assolutamente ottimi) elementi, ossia i pezzi del suo album di debutto “Home Again”, il featuring con Auerbach e qualche cover, i presienzienti all’esordio di Michael nel nostro Paese hanno gradito e non poco: curioso paradosso quello di sperare che il Nostro non smetta di cantare ma quasi impedirgli di riattaccare con il pezzo successivo con scroscianti e convinti applausi. La sua musica non porta chissà quali stravolgimenti, ma combina sapientemente (folk)pop e soul (la sua voce, calda e rassicurante ma graffiante all’occorrenza, in “Tell Me A Tale”) non disdegnando qualche incursione alla chitarra elettrica e un accenno di fingerpicking (il singolo “Home Again”). Ad accompagnarlo una combriccola niente male, che gli lascia il palco verso la fine per una doppietta tutta chitarra e voce “Any Day Will Do Fine”- “I Won’t Lie”.
L’antipasto del Record Store Day, per me (e non solo, per la verità ), è stato il suo disco acquistato subito dopo l’arrivederci. Non sostituirà le lasagne della mamma, ma aiuterà a farmi sentire un po’ più “Robinson”.
Setlist
I’LL GET ALONG
COMPANY
ALWAYS WAITING
I’M GETTING READY
TELL ME A TALE
GROOVE
WORRY WALKS
BONES
WATERFALL
ANYDAY (SOLO)
I WON’T LIE (SOLO)
HOME AGAIN
I DON’T KNOW
-encore
LASAN