Hayley (Alison Pill) è una ragazza americana che s’innamora di Michelangelo (Flavio Parenti) a spasso tra i vicoli romani. Il coinvolgimento tra i due è talmente intenso, che Hayley convoca immediatamente i suoi genitori (Woody Allen, Judy Davis) a Roma per farglielo conoscere. A Trastevere, nel frattempo, vive una perfetta coppia di studenti, Jack (Jesse Eisenberg) e Sally (Greta Gerwig). La loro stabilità interna è però minacciata dall’arrivo di Monica (Ellen Page), sensuale “‘bomba sexy’ amica di Sally, che il famoso architetto John (Alec Baldwin) tenterà di disinnescare. Anche i neo-sposini di Pordenone (Alessandra Mastronardi, Alessandro Tiberi) si trovano nella capitale in cerca d’opportunità ; ma un po’ per ansia e disorientamento, un po’ per sfortuna si perderanno immediatamente di vista. Infine abbiamo Leopoldo Pisanello (Roberto Benigni), persona ordinaria che si ritrova scaraventata improvvisamente al centro della ribalta mediatica. Caricata la giostra, un vigile urbano ci spiega che ogni storia ha il suo perchè nella città eterna. Allora via, cerchiamo di capirci qualcosa.
Dopo Barcellona (“Vicky Cristina Barcelona”), Londra (Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni) e Parigi (“Midnight in Paris”), Woody Allen sbarca a Roma per chiudere il ciclo film-cartolina. Le similitudini con i lavori precedenti sono molte ““ si noti, ad esempio, l’esaltazione dei paesaggi urbani con la stessa fotografia finta e ultra colorata. Tuttavia, per essere fin da subito chiari, a quest’ultimo si può tranquillamente affidare il famoso cucchiaio di legno rugbystico. Non che gli altri abbiamo superato l’esame a pieni voti ““ personalmente ho trovato “Vicky Cristina Barcelona” e, soprattutto, Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni alquanto spuri ““ ma almeno in “Midnight in Paris” un minimo di sceneggiatura – seppur integralmente ripresa da Rivincite, e filmata senza essere riadattata – c’era. Qui invece la scena è circondata da vuoto perenne. I personaggi sono iper-stereotipati tanto al livello stilistico, quanto al livello umoristico. I loro ritratti diventano specchio di pregiudizi oltre atlantici, congelati in una temporalità tutta loro, vagamente riconducibile agli anni 60/70. Le storie corrono parallele perfino a se stesse, rincorrendo disperatamente uno sviluppo mancato lungo l’intera trattazione, senza nessun punto di partenza e nessun punto d’arrivo.
Incomprensibile, è inoltre la scelta di far comparire sullo schermo l’Italia intera (c’è spazio anche per Dolce e Gabbana!); forse con un innocente ideale d’esaltazione, che però scade in parabola orgiastica alquanto fastidiosa e forzata.
Oltre alla rappresentazione improbabile, anche la scelta del cast sembra operata in modalità random. E’ possibile affidare all’algida Ellen Page il ruolo di seduttrice mediterranea, e a Roberto Benigni la parte, forse peggiore, di impiegato comune/uomo della strada?
Infine ci sono le musiche poco risonanti, che sembrano tirate fuori dalla prima playlist rintracciabile su google sotto il nome di “‘bella vita’. Non fanno collante e lasciano scivolare i fotogrammi in un intreccio noioso, condito da balzi antipatici d’imprevedibilità schematica e ridondante.
Si potrebbe continuare a demolire “To Rome with love” all’infinito; e credetemi, senza alcun gusto personale. A essere incredule sono sopratutto le nostre aspettative: del maestro americano ricordavamo le prodezze colte d’ilarità , e non i dialoghi dozzinali soporiferi anche al consumatore di film mainstream.