La musica della premiata ditta M&A (Erin Elders, Shiraz Dada, Chris Hainey e Dave Davison) giunta a una nuova avventura discografica, somiglia a un mappamondo fatto girare a velocità vorticosa. Eclettici di professione e per vocazione, con una passione per i video brillantemente geniali alla Michel Gondry conditi da un pizzico di sana ironia che fa tanto Ok Go, si definiscono “technical pop” o “technical indie rock”: un’etichetta che lascia il tempo che trova, francamente riduttiva.
“Beware And Be Grateful” tenta ancora una volta l’impossibile: fondere umori elettronici e sentimento pop – folk in un unico album. Più che un titolo, quello in copertina sembra quasi un avviso ai naviganti, un monito all’ascoltatore incauto: attenzione che questa non è roba per tutte le orecchie, ma dovresti proprio ringraziarci di poterla sentire. E la magia di questi stregoni del terzo millennio riesce ancora una volta, un incantesimo racchiuso tra pezzi giocosi (“Fever”, “Winter”) che ricordano i Vampire Weekend, altri più concisi (“Vampires”, “Important”) e composizioni complesse, lunghe e sperimentali (“Old And Gray”, “Silver Self”) dove i quattro si lanciano in armonie vocali in loop da novelli Beach Boys (con i dovuti distinguo, ovviamente). “Be Three Years Old” e “Remote And Dark Years” invece evocano atmosfere di pazzia controllata ma creativa in uno stile che fonde i Menomena (con cui condividono l’etichetta discografica americana e anche i tour, quando capita) con la calda vocalità di Davison. Se non dovesse bastare, “Bugs” e “Old Ash” offrono una perfetta sintesi delle mille influenze con cui la band deve fare i conti ogni volta che si mette al lavoro (ma come fanno?).
Scienziati delle sette note i Maps & Atlases, che non amano certo guardarsi dietro le spalle: sempre in cerca di nuovi mondi da esplorare. Del resto, se si chiamano così ci sarà pure un motivo. Ai più coraggiosi, non resta che lasciarsi intrigare dalle loro canzoni mai scontate.
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