In quattro anni può succedere di tutto, figurarsi cosa può accadere in un mondo che vive di attimi come quello musicale. Nei quattro anni che separano il debutto dell’allora Santogold ne son successe tante, i personaggi à la M.I.A. sono divenuti di pubblico consumo, sono prolificate le Azealia Banks, le Lana del Ray, il Diplo sound ha coinvolto ogni angolo dello scibile e si è fatto sempre più sottile il confine tra mainstream e indipendenza sonora, in un gioco di echi e richiami continui. Che poi è un po’ il terreno di gioco perfetto per una che prima di mettersi in proprio scriveva pezzi per starlette pop e che, a detta sua, ha ritardato tanto la seconda uscita discografica per motivi di perfezionismo professionale.
Qualunque possa esser stata la motivazione a comportare tale ritardo non c’è troppo da preoccuparsi: Santi White non è una che si fa abbattere dai rinvii, anzi. Il nuovo “Master of My Make-Believe”, seppur non allontanandosi poi molto dalla collaudata formula dell’esordio, affina le capacità compositive dell’artista statunitense e le rinforza mediante la produzione di Diplo e Switch, David Sitek, Greg Kurstin, Boys Noize, solo per citare i più noti. Una squadra di quelle che si vedono raramente se non per qualche progetto di grosse aspirazioni commerciali, a cui potrebbe tranquillamente ambire Santi in questo nuovo lavoro.
Come se non bastasse la presenza di tre singoli molto forti (prima “GO!” in compagnia di nientemeno che Karen O, marcetta baldanzosa dal sapore new wave, poi il kuduro appiccicoso di “Big Mouth”, non a caso prodotta dai Buraka Som Sistema, e infine la bella “Desperate Youth” e le sue calde ventate ragga-chic) il disco è un tripudio di possibili singoli macinasoldi. Dall’hip-hop ipnotico di “Freak Like Me” o “Look at these Hoes” passando per il ritmo più lento e caraibico di una “This Isn’t Our Parade” o per le fascinazioni malinconicamente 80s di “The Keepers”, l’album scorre sereno senza particolari punti morti. L’ascolto palesa come, in fondo, il sound Santigold non abbia visto grandi evoluzioni rispetto al debutto, preferendo continuare a scrivere ottimi pezzi pop baciati da una scrittura brillante e da una produzione al passo coi tempi.
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2. Disparate Youth
3. God From The Machine
4. Fame
5. Freak Like Me
6. This Isn’t Our Parade
7. The Riot’s Gone
8. Pirate In The Water
9. The Keepers
10. Look At These Hoes
11. Big Mouth