Ho visto l’esibizione di Macy Gray a Sanremo in un pub, cercando di dimenticarla subito: dov’è quella voce e quell’interprete che ha così tanto spaccato a cavallo tra il 1999 e il 2005? Poca ispirazione e un ridotto interesse nei confronti del nu soul da parte del pubblico (almeno a livello di vendite) hanno portato la Gray a pubblicare solo 2 dischi in 5 anni, peraltro con risultati discreti. Nel 2011 firma con la 429 Records e pubblica “Covered”, sua ultima fatica.
Immaginate che tipo di approccio, dopo Sanremo, avrei potuto avere nei confronti di un disco di cover, di cui tra l’altro sono tendenzialmente a sfavore a prescindere. Ma vediamo cosa Macy è riuscita a tirar fuori, partendo dalla scelta dei brani da coverizzare (e scusate l’orripilante anglicismo) e tenendo a mente che una cover viene bene quando si riesce a mantenere l’essenza della traccia originale dandogli comunque una nuova vita, farla sembrare nuova sotto tutti i punti di vista.
Un primo punto a favore della Gray è l’ampissima varietà dei suoi gusti musicali, cosa che ovviamente si riflette sul disco, e in più non sembra essersi presa troppo sul serio su questo disco. Senza paranoie e senza paura, quello che si preannuncia un disco di semplici cover si rivela, invece, spesso un disco di nuove versioni, quando viene imbroccata la strada giusta, ovvero quando Macy si cimenta sui pezzi di Eurythmics, Metallica (sebbene io continui a pensare sia sacrilegio toccare “Nothing Else Matthers”), Sublime e Kanye West, ma non mancano battute d’arresto come quando il campo d’azione si sposta sugli Yeah Yeah Yeahs o sui My Chemical Romance (di cui ha dovuto riscrivere le liriche perchè lei ain’t no teenager: e allora per quale motivo la scegli?)
A condire il tutto, diversi skit in compagnia di personalità come MC Lyte, Nicole Scherzinger delle Pussycat Dolls e J.B. Smoove (attore e comico afroamericano).
In definitiva, un esperimento riuscito, sicuramente meritevole di essere ascoltato anche per via della voce della Gray, ma che nel marasma delle uscite discografiche dei nostri giorni rischia di lasciare il tempo che trova. Niente di brutto, ma neanche niente di esaltante. Diciamo che sarebbe meglio tornare a sfornare inediti.