Modificando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Potrebbe essere questo il perfetto sottotitolo a “Freak Puke”: ultima delle innumerevoli avventure discografiche dei Melvins, stavolta in versione “Lite” (“King Buzzo” Osborne più Dale Crover, affiancati dal bassista Trevor Dunn). Nessuno scioglimento in vista, però: la più recente delle line up “classiche” (Osborne, Crover, Warren e Willis) è viva e vegeta. L’avventura dei Melvins Lite potrebbe quindi a buon diritto essere aggiunta alla già lunga lista di side projects a firma Osborne, ma in realtà somiglia più a uno spin-off di quelli ben congeniati. Una deviazione dalla trama principale mantenendo invariati i punti fondamentali della storia: volume alto e chitarroni.
Pronti, via e “Mr. Rip Off” accoglie con una miriade di cupe distorsioni psichedeliche, cui segue una lezioncina su “come far diventare un violino lo strumento più diabolico che ci sia, con la massima disinvoltura” (ovvero “Inner Ear Rupture”, di nome e di fatto). “Baby Won’t You Weird Me Out” invece è un pastiche sonoro che rockeggia alla “vecchia” maniera (della serie: anni di carriera e non sentirli) mentre “Worm Farm Waltz” furoreggia a suon di hardcore gang vocals, aprendo la strada ai riff di “A Growing Disgust”, pesanti come giustamente ci si aspetterebbe. “Leon Vs. The Revolution” è fast, heavy, brutale e arrabbiata il giusto; “Holy Barbarians” è uno stoner rock ricco d’atmosfera, che di sacro non ha proprio nulla (profano e mefistofelico, semmai) ed è anche il brano in cui Crover e Dunn danno il meglio, insieme alla title track. E poteva mancare, in un disco a firma Melvins (che siano Lite o con tutti gli zuccheri e coloranti del caso) una cavalcata dal minutaggio importante? Certo che no, ed ecco quindi “Tommy Goes Berserk” (ben nove e quaranta). Discorso a parte merita “Let Me Roll It”, se non altro per il coraggio che Osborne e soci, che di timori reverenziali del resto non ne hanno mai avuti, dimostrano nel voler rifare i Wings alla loro maniera.
Nulla di nuovo sotto il sole, insomma: per quanto si possano rimescolare le carte e sperimentare soluzioni diverse, quel che rimane è la gioia di tenere in mano l’ennesima prova di forza degli scervellati Melvins (che comunque vada somigliano sempre e solo a se stessi).