Vadoinmessico
Archeology Of The Future

Se fosse un cocktail, il debutto dei Vadoinmessico sarebbe un Appletini: fresco ed estivo, fatto semplicemente mescolando Martini bianco e succo di mela. Perfetto per la stagione calda, “Archaeology of the Future” è un disco dall’anima multiculturale, il primo dei Vadoinmessico, un quintetto che ha fatto della eterogeneità  la sua forza.

Giorgio e Alessandro (Italia), Salvador (Messico), Stefan (col suo banjo austriaco) e Joe (batterista inglese) riuniscono le influenze caraibiche al rockabilly di Buddy Holly per poi passare al synth pop anni 80. Il pop tribale alla Vampire Weekend è il filo conduttore della maggior parte del disco, creando un mix di freschezza e semplicità , banjo e chitarra acustica, percussioni e fiati con basi poppeggianti (“Archaeology of the Future”, “Fleur Le tue”, “Pond”). Più latineggianti sono i ritmi flamenco del singolo trascinante “Pepita, Queen of the Animals” o di “In Spain”, che diventa quasi acustico e molto intimo con i cori e i battiti di mani di “Cave”, che scema nella successiva “Solau”. Non mancano le atmosfere anni 50 da ballad surf pop a là  Beach Boys (“Teeo”, “The Adventure of a Diver”), i cui riverberi arrivano a toccare punte synth pop in brani più elettronici (“Notional Towns”, “The Colours are Strange”). Sempre tribale ma più ripetitivo ed ipnotico è il fok di “Curling Up Your Spine”, che riprende le atmosfere più cupe della breve “Me, Desert” e della Ghost track, probabilmente il brano tribale che maggiormente si avvicina ad un rituale sciamanico.

Da Arcade Fire agli Adults, Elderly and Children il suono dei Vadoinmessico è senza pretese ed orecchiabile a ricordare i Vampire Weekend di “Contra” per giocare con una ricchezza di strumenti e suggestioni solari che non possono che strappare un sorriso. Se non ci credete, guardatevi le scimmie canterine di “Pepita, Queen of the Animals”.