Dove eravamo rimasti con Anna Ternheim? Quattro anni fa, “Leaving on a Mayday” ha dato una netta sferzata alla (ex) popstar svedese, la quale ha via via mutato il pop degli esordi in un chamber folk nato sulla scia del magnifico “The Mysterious Production of Eggs” di Andrew Bird, per giungere infine ad un minimalismo folk ben rappresentato da questo “The Night Visitor”. Un percorso insolito quello affrontato dalla Ternheim, contrario alla “norma” che vuole ad inizio carriera un profilo più “indie” per giungere in seguito ad una forma più accessibile, universale, monetizzabile di sè stessi”…come è accaduto recentemente (cioè, da una decina d’anni, ma per me vegliarda sono sempre pischellini) ai Coldplay.
In questo caso invece, siamo passati dal palazzetto dello sport al localino di quartiere, che per un paio di drink ospita le performance della musicista davanti ad un pubblico avezzo e avvinazzato.
Alla luce di questa evoluzione, si può dire che “Leaving on a Myday” sia la testimonianza più evidente del “career switch” della Ternheim, dove la musicista svedese cerca di far convivere a forza l’anima chamber con quella folk, senza cercare alcuna sintesi tra le due tensioni. Infatti la prima metà del disco presenta la vecchia Anna: archi, beat e percussioni ne delineano il suono, mentre la seconda metà introduce la nuova Anna. Suono è più asciutto, che vive quasi esclusivamente della propria scrittura.
Per “The Night Visitor”, la Ternheim riparte proprio da questa seconda parte, terminando il lavoro con la medesima coerenza con cui l’aveva iniziato, quasi fosse una questione personale, di principio. E personale suona quest’album, non si apre mai in alcun climax o spiraglio, restando fedele alla propria impostazione scarna ed intima. Forse un lavoro eccessivamente chiuso in sè per essere apprezzato appieno, lo si ascolta senza mai riuscire a penetrarlo, sebbene intimo manca di effettivo calore e soprattutto di carattere, come folk singer Anna Ternheim non possiede ancora una cifra stilistica tale da differenziarsi dalla pletora di musiciste sue colleghe. Salvo un paio di brani da dove ri-emerge preponderante la vecchia Anna, “Solitary Move” e “Lorelie Marie” costrette in un arrangiamento prudente rispetto alle loro potenzialità , “The Night Visitor” non è ancora il disco dell’avvenuta trasformazione di Anna in una folk singer provetta, ma è lo step appena precedente, di aspirante tale. Sperando che i prossimi tentativi siano più fortunati e convinti di questo ma per il biennio 2011/2012 la rimandiamo a Settembre.