Questa la sensazione al primo (o forse già secondo?) ascolto di Aimlesness, l’ultimo lavoro di Jimmy Tamborello aka Dntel, ma anche aka Figurine, aka Headset, aka The Postal Service. Una decade gli è servita per creare un personale mix dal retrogusto urbano di bedroom pop ed Intelligent Dance Music, oscillante tra malinconia metodica e precisione sognante. Forse un’altra decade gli servirà per riuscire a dimenticarlo: avere ancora nelle orecchie quel “A life full of possibilities” (2001) che in fondo ha segnato il manifesto dell’IDM, ricordarsi di aver apprezzato i Figurine, ricordarsi persino d’aver amato i Postal Service e quel “Give Up” (2003) che era il disco giusto al momento giusto. Sapere tutto questo e ritrovarsi, anni dopo, ad avere nelle orecchie ancora le stesse cose ha il sapore insipido di un infinito dejavu, mantra elettronico saltellante e asettico. Ritrovarsi l’ultimo a ballare in una festa da cui tutti se ne sono già andati.
La malinconia cede il posto ad un senso di elegante inutilità , vizio di maniera: aimlessness, senza scopo, senza traccia, un dejavu in un momento qualunque di un episodio qualunque di una vita qualunque. A tratti sicuramente poetico nella sua assenza di senso, ma alla lunga noioso e imperturbabilmente ripetitivo. Di certo l’esperta mano glitch si avverte e la soglia attenzionale viene talvolta ridestata da qualche accostamento forzato: Tarwater o Cassettes won’t listen (“Jitters” e “Santa Ana Winds”), Erlend à’ye (“Stil”l), persino la speranza in un’apparizione salvifica di Four Tet (“Bright Night”) o Caribou (“Retracer”) o nella riesumazione di Philip Glass (“Puma”). Naturalmente, al termine dell’ascolto, il conforto di queste citazioni celebri verrà rinnegato con la velocità di una scritta oscena su una lavagna. Dejavu di un giorno di scuola qualsiasi, ricordo di un giorno come tanti, forse accaduto per davvero o forse derivato per deformazione di tutti gli altri, precedenti, messi in fila.
Nemmeno la produzione celebre (Pampa feat DJ Koze e feat Nite Jewels) riesce a cancellare lo stordimento del ritrovarsi a vivere una storia già vissuta: i nuovi innesti la rendono forse meno identica al passato, ma anche se i connotati vengono truccati, la struttura ossea rimane la stessa. Una colonna sonora perfetta di quei flashback da soap opera che durano pochi secondi e lasciano come traccia solo un effetto dissolvenza che ondeggia rapido verso i margini dello schermo, dileguandosi rapidamente così come era comparso.
Credit Foto: Barry Mulling / CC BY-SA