Esce un nuovo disco targato Smashing Pumpkins e c’è già chi, al solo pensiero, si è già messo a ridere. Ormai è una reazione piuttosto comune, ma forse anche comprensibile. Qualcuno ricorderà il progetto Zwan, il disco “Mary Star Of The Sea”, il video di “Honestly”, in cui il pelato suonava esibendo un sorriso a trentadue denti: indizi che potevano far pensare ad una gigantesca presa per il culo; ma le cose potevano pure stare diversamente. Infatti, dopo un po’ è arrivato il disco solista, e la situazione sembrava davvero essergli sfuggita di mano. Ha poi riunito il suo vecchio gruppo assieme a Jimmy Chamberlin, vecchio compagno di merende, regalandoci nuovamente delle meravigliose esibizioni dal vivo e tirando fuori dal cilindro quello “Zeitgeist” che, se gli togli la produzione un po’ tamarra, non è poi tutto “‘sto schifo. La domanda è dunque la seguente: si può ancora, nel 2012, prendere sul serio Billy Corgan? La risposta, per chi scrive, non esiste. O meglio, se c’è una risposta, si trova senz’altro dentro a “Oceania”, intitolato come il nuovissimo continente, ma che di nuovissimo non ha molto.
L’ultima fatica delle Zucche è forse il massimo che ci possiamo aspettare da loro (o meglio, da lui) in questo momento: un disco piuttosto sincero, in cui Billy sembra proprio fare quel che vuole, suonando nella maniera che più lo diverte. Un chiaro segnale ne è, ad esempio, l’easy ““ rock di “The Chimera”, un brano solare à la Zwan con un chiaro suono Pumpkins e una bella melodia, arricchito da chitarre non distanti da quelle degli esordi. Stesso discorso vale per il pezzo d’apertura, “Quasar”, non tra i più centrati, ma efficace nella sua immediatezza, così come la successiva “Panopticon”, forse un po’ più deboluccia. “The Celestials” si presenta, al principio, come una nuova “Disarm” (chitarra acustica più archi), per poi esplodere di elettricità nella seconda parte: canzone un po’ ruffiana, ma riuscita. “Violet Rays” è la migliore del disco, nonostante le tastiere che il buon Corgan sembra volerci mettere a tutti i costi, riuscendo dunque a pasticciare anche le sue cose migliori.
Il Nostro è un po’ tamarro, si sa; e un po’ lo è sempre stato. Anche qui lo mette in luce piuttosto bene: ad esempio, nell’assolo finale di “My Love Is Winter”, che ricorda addirittura i Queen; oppure, nel pessimo arrangiamento di “One Diamond, One Heart”, supportata comunque da una buona linea melodica. Stesso discorso vale per “Pinwheels”. La title ““ track rappresenta invece qualcosa di isolato: sarà magari esagerata e un po’ pomposa nei suoi abbondanti nove minuti di durata, ma è quella che esprime al meglio l’animo attuale della band di Chicago. Si aggiunge alla lista degli episodi migliori “Pale Horse”, qualitativamente elevata a livello di scrittura e suonata ancor meglio. “Glissandra” e “Inkless” fanno parte invece, assieme a “The Chimera” del trittico più dichiaratamente “power pop”, apprezzabilissimi brani a presa rapida. Conclude in tutto “Wild Flowers”, un po’ fuori fuoco e abbastanza pacchiana nel finale.
Nel bene e nel male, questi sono gli Smashing Pumpkins odierni: imperfetti ma onesti, con un Billy sempre più matto e cazzone, una nuova formazione che pare collaudata e funzionante (specie il giovane batterista Mike Byrne) e qualche pugno di nuove, discrete canzoni. Aspettarsi un nuovo “Siamese Dream”, in questo momento, sarebbe da folli. Godersi invece un “Oceania”, con tutti i difetti del caso, è invece cosa saggia e giusta, anche se i livelli non sono stellari.