Esistono album “‘in maggiore’ e non me n’ero mai accorto. Intendiamoci: la colpa è mia e della mia inguaribile ignoranza, ma a colpirmi è un’idea ben più sottile e, ahimè, banale. Ovvero: è facilissimo far piangere, ma è dannatamente complicato riuscire a far sorridere senza cadere nel ridicolo. In ogni contesto culturale, il buonumore è quasi sempre prossimo al banale e dunque se nel 2012 esce un album come “An Awesome Wave”, che riesce nell’intento di intrigare senza scadere nel pop da MTV, questa è già di per sè una signora notizia.
Su MTV, per dir la verità , gli Alt-J di Joe Newman da Cambridge ci sono finiti, eccome, col bellissimo video di “Tessellate” interamente ispirato dal Rinascimento italiano. Ma il punto è un altro. Qualsivoglia paragone con altre band o artisti deve essere per forza di cose strutturato e portare con sè delle variazioni apriori. Ad esempio, può venire alla mente Four Tet, ma solo in una sua versione più organica e dunque del tutto snaturata. Oppure si possono citare gli ultimi Radiohead, ma in una modalità più diretta e meno sincopata: quindi anomala e altra da loro. I TV On The Radio? Forse. Ma meno indie e più stradaioli e con radici quasi grime. Ci sono spunti mutuati dagli ottimi (e dimenticati) Manes, ma la loro base non è un surrogato del metal, bensì un melting pot gradevole quanto originale.
La storia di questo quartetto di Leeds che nasce attorno a un triangolo (provate a premere alt+J su un Mac) in un college a Cambridge è affascinante e, se da un lato può servire a spiegare la varietà dell’offerta, certamente da sola non può bastare a disegnare un quadro completo di ciò che abbiamo davanti. Gwil Sainsbury (basso), Joe Newman (chitarra e voce) e Thom Green (batteria) studiavano Arte, mentre Gus Unger-Hamilton (tastiere) si cimentava con la letteratura inglese. Un circolo artistico più che una band? Forse. Ma le premesse sono quelle di un art-rock sublime, sognante senza gli inutili sostrati “dream”, “bubble” o altre ignobili definizioni.
Il resto è un album intriso di armonie vocali interessantissime (“Fitzpleasure”), innesti di cantato a cappella, momenti di musica black come in “Breezeblocks” e altri new wave dal colorito scuro, cupo. Poi si torna in un maggiore velato di tristezza.
Perchè il pregio più grande di “An Awesome Wave” è proprio questo: la sua straordinaria normalità raccontata con eleganza, freschezza e soul. Di quello vero che quasi ti sembra di sfiorare mentre, tra lo stupore e un dolce sconcerto, lasci che una voce che non conosci ti chieda di seguirla per un viaggio di una quarantina di minuti.