Come definire, nell’anno di grazia 2012, la musica dei Redd Kross? Stiamo parlando di gente come i fratelli Mc Donald, saliti agli onori delle cronache col nome di Red Cross (gli imberbi enfant prodige dell’hardcore) e poi, cresciuti i capelli, aggiunta una “D” e sostituita alla “C” una ben più matura “K” (pare per evitare di essere confusi con Croce Rossa e ambulanze varie), passati più o meno indenni attraverso il ciclone grunge (che qualcuno sostiene perfino abbiano contribuito a creare o quantomeno a facilitare grazie alla confusione liberatoria di “Neurotica”). Che il titolo del primo album in quindici anni non inganni: ne hanno combinate di ogni, ma a cimentarsi con il blues o le cover blues non sono ancora arrivati. E quindi? Power Pop? Power Glam? Pop Glam? Hard Power Pop?. Forse, citando Mick Jagger, “it’s only rock n roll”. Sfrenato, caotico, scanzonato rock n roll che, come d’abitudine, prende in giro tutti e non guarda in faccia nessuno (neppure Frankenstein e alcune fantomatiche figlie di Dracula”…).
La line up è quella del 1987: i golden boys Jeff e Steven, Robert Hecker e Roy Mc Donald (nessuna parentela con i fratellini); lo spirito una via di mezzo tra il furore degli inizi e la pazza evoluzione degli anni seguenti. Tutto frullato a suon di chitarre impazzite (“Researching The Blues”, “The Nu Temptations”), riff impazienti stile Cheap Trick (“Uglier”) e linee di basso sbarazzine dovunque, con quella mentalità un po’ kitsch che li ha sempre contraddistinti a brillare solitaria e inalterata in “Hazel Eyes”, dove tra il serio e il faceto “fanno il verso” ai Beatles. Ritornelli killer (“Choose To Play”, “Stay Away From Downtown”), sha-la-la-la e yeah yeah si sprecano, in mezzo a una profusione di wo-ho (“Meet Frankenstein”), uh-uh e oh-oh-oh che formano una strana alchimia di cui i Kross potrebbero chiedere il copyright, anche se band come i Dandy Warhols l’hanno successivamente ereditata e rielaborata. “Dracula’s Daughters” spaventa con le sue perfette armonie che paiono fatte dai Pixies o da un Brian Wilson in perenne viaggio psichedelico, “One Of The Good Ones” fonde l’allegria degli R.E.M di “Green” con un frenetico battere di mani e “Winter Blues” inganna col suo incedere da filastrocca distendi nervi che ti si scolpisce nel cervello, nascondendo un testo spensierato solo in apparenza.
Un turbine di influenze sminuzzate, assemblate e scolpite nel modo meno convenzionale possibile: questo erano i Redd Kross e lo sono ancora. “Researching The Blues” è un gran ritorno, il miglior modo per farsi perdonare lunghi anni di assenza che per loro sembrano non essere proprio passati. Giocherelloni come sempre e ventenni nell’animo come non mai, anche se la carta d’identità la pensa diversamente, i Kross sono ancora vivi e ad arrendersi non ci pensano proprio. Per fortuna.