L’anno passato eravamo stati tra i primi a parlarvi dei baresi Redrum Alone, in occasione dell’ormai famigerata cover di “Emilia Paranoica”: la medesima cover li ha poi portati a comparire in una compilation di Repubblica XL ed a raggiunger una buona notorietà nel territorio nazionale.
Dopo quel singolo e un promettente ep, “My First Kernel Panic”, arriva infine l’album d’esordio, ancora una volta autoprodotto e distribuito principalmente tramite internet (itunes e bandcamp), anche se non manca una limitata tiratura in cd.
Al solito intelligenti citazionisti (il titolo del disco riprende l’importante opera del filosofo latino Lucrezio, uno dei maggiori e più influenti pensatori dell’antichità ) i due giovani musicisti aprono questo lavoro con una breve introduzione, prima di lasciare spazio al primo affondo electro, una “RevolutionAir” che mette in mostra l’attitudine del duo. Evitabile invece la cover del classico Joy Division “She’s Lost Control” in cui manca totalmente lo spirito nervoso dell’originale e si risolve in una nostalgica visione degli eighties più banali; al contrario la successiva “Remote” mostra un gusto pop che ricorda assai certi esperimenti french (sopratutto i Daft Punk periodo “Discovery”).
Dell’interessante e personale versione di “Emilia Paranoica” abbiamo esaustivamente già scritto quando uscì, ma meritano sicuramente una menzione l’incursione techno di “User Interface” (in una veste nuova, massiccia ed espansa rispetto all’ep datato 2011) e il simpatico e programmatico intermezzo di “No Guitars Were Used In Making These Tracks”.
“MidiNight” ha un titolo fuorviante, poichè incede dritta e prepotente nei suoi tre minuti, mentre all’epico assalto synthetico di “Enola Murder” è affidata la chiusura dell’album.
Non una ricetta originalissima, quella proposta dai Redrum Alone (è palese il bisogno, in futuro, di allontanarsi dalle proprie e giustissime influenze), ma un piatto comunque molto soddisfacente e trascinante.