Musica e banane hanno qualcosa in comune: prima di staccarne una dal casco si attende che ingiallisca, perchè acerba ne languirebbe il sapore; in egual misura, prima di farsi un’idea su di un album è necessario far maturare gli ascolti e lasciarlo sedimentare per un po’ nella coscienza, così da poterne gustare il sapore esaltato dal tempo, l’unico ingrediente che faccia davvero la differenza.
“Fragrant World”, terzo album dei Yeasayer, coinvolge orecchie, palato e narici, in un gioco di sinestesie di futuristica memoria: l’elettro-pop della band è sia sfrigolante, come il suono delle patatine quando si sgranocchiano, con crepitii sintetici che letteralmente “friggono”, sia liquido, con suoni che si infrangono dolcemente sul bordo interno delle cuffie. L’opening “Fingers Never Bleed” e il primo singolo estratto, “Henrietta”, saggiano più che bene queste due caratteristiche.
Gli Yeasyear, ormai giunti alla terza fatica erano arrivati ad un bivio: indecisi se scegliere la pillola rossa del mainstream o quella blu dell’indie hanno mandato a quel paese Morpheus e ingoiato un placebo.
“Fragrant World” è il giusto compromesso tra le pulsioni tribali di “All Hour Cymbals”, l’elettronica sghemba ed irregolare di “Odd Blood” e le sensuali melodie hyper pop di Timbaland al servizio di “sei sempre nei nostri cuori” Justin Timberlake. E “Damaged goods” è l’esemplare della perfetta alchimia delle tre anime della band.
Rispetto al passato gli Yeasayer sono riusciti a realizzare un album omogeneo, con filler quasi del tutto assenti. Potenzialmente tutte le 11 tracce di “Fragrant World” potrebbero essere promosse a singoli, anche perchè ogni brano dell’album è corredato da lisergici videoclip, tutti realizzati dall’artista nipponico Yoshi Sodeoka.
Non lasciatevi scoraggiare dal muro di sofisticazioni che la band ha scientemente costruito, nè dalla ruffianeria palese delle melodie, dentro “Fragrant World” c’è un cuore meccanico che batte (forse una bomba?), pronto ad esplodere nel momento più opportuno, ovvero quando meno ve lo aspettate. Scoprirete finalmente che la sinestesia non è solo una figura retorica da imparare a memoria per l’interrogazione di Italiano ma che, veramente, è possibile ritrovarsi col palato nelle orecchie e riuscire ad ascoltare sapori ed assaporare suoni. Con buona pace di Baudelaire (e i Baustelle) e del cinema 3D. Servono solo un paio di cuffie e “Fragrant World”.