Partorito a Los Angeles e prodotto da un raffinato e avanguardista Nick Launay,che ricordiamo nei progetti Grinderman di Nick Cave e nelle uscite di Karen O con gli Yeah Yeah Yeahs, “A Thing Called Divine Fits” è un album che ha fatto subito clamore e che ha riscosso i complimenti degli addetti ai lavori, tutti piacevolmente sorpresi , forse perchè era un’uscita non tanto aspettata e di certo un po’ sottovalutata.
Funziona benissimo. Il segreto, prima di tutto, è la sintesi dei componenti del gruppo, la chimica che è riuscita a emergere dai quattro elementi e dal loro background. Troviamo infatti: Dan Boeckner direttamente dai Wolf Parade e dagli Handsome Furs, col suo sapore indie e le sue sfumature post punk, Britt Daniel front degli Spoon, Sam Brown anima cupa dei New Bomb Turks, e Alex Fischel alle tastiere (il suo brano “Neopolitans” meriterebbe una recensione a sè). Questa squadra ha il pregio di aver trovato un amalgama perfetta, un’intesa immediata, come se tutti loro avessero da sempre bisogno di evolversi in questo, di esprimersi nei Divine Fits.
Ognuno porta una precisa parte di sè, ognuno fornisce un contributo ben identificabile e complementare a quello degli altri. La loro unione non è una sorta di ensemble, di supergruppo musicale, sebbene tutti provengano da pro-band di successo, con una propria storia e propria identità : i Divine Fits nascono e come progetto a sè stante, fine a se stesso e soprattutto lontanamente dall’idea di essere appendice a qualcos’altro.
Ne nasce un album gradevole, forse in verità a tratti troppo ammiccante a platee pop come nei pezzi “Civilian Stripes” e “Shivers”, che comunque sono due tracce godibilissime, arrangiate con un equilibrio estremo, un album che alterna momenti di buon rock ad avventure e sperimentazioni elettroniche. Troviamo serragli di chitarre in controtempo intrecciate a degli ingombranti giri di basso digitale, melodie scandite in synth ordinati, e tutto questo sin dalle tracks iniziali “My love is Real” e “Flaggin’ a Ride”, dal loro sapore new wave. L’album è omogeneo, ma riesce anche ad avere varianti di registro che oscillano dalla struggente, per la voce di Britt Daniel, “Would That Not Be Nice” sino al seducente suono elettronico di “For Your Heart”.
Niente di più facile di ritrovarsi a tenere il tempo con questo disco che ha già fatto annunciare dalla critica internazionale i Divine Fits come rivelazione e, lasciatemi dire, come progetto troppo valido e ben confezionato per essere solo una parentesi nella carriera dei tre.
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2. Flaggin’ a Ride
3. What Gets You Alone
4. Would That Not Be Nice
5. The Salton Sea
6. Baby Get Worse
7. Civilian Stripes
8. For Your Heart
9. Shivers
10. Like Ice Cream
11. Neopolitans