Alessandro Fiori è un fenomeno che ha bisogno di spazio. Sono tantissime le sigle a cui ha preso parte nell’ultimo lustro, più di quelle che il recensore possa ricordare. Eppure solo scegliendo di ballare da solo è riuscito ad esprimere tutto il potenziale di autore e musicista di razza, consapevole e coraggioso, capace di lasciare la band che lo ha lanciato e con la quale aveva raggiunto una buona notorietà (i Mariposa).
“Questo Dolce Museo” segue “Attento A Me Stesso”, esordio folgorante uscito due anni or sono sempre per Urtovox, caleidoscopio di suoni e parole, scrigno per uno dei più bei versi mai sentiti: tu riposa un po’, mentre faccio il borderò.
Situazioni surreali si mescolavano a riflessioni sulla vita da musicista mentre il manipolo di sodali capitanati dall’inseparabile Alessandro Stefana imbastivano la giostra musicale. Un disco bello e coinvolgente, per il corpo e la mente, che si faceva amare in un battibaleno grazie alle atmosfere giocose e per certi versi innovative.
Col nuovo lavoro le cose cambiano parecchio, l’atmosfera si fa molto intima e soffusa mentre il ritmo cala di netto, i testi restano aderenti alle riflessioni e ai ricordi (basti dire che l’intero album è dedicato al ricordo dell’amico Sandro Neri morto nel 2010 come raccontato nell’omonimo brano). La vita di coppia e il lavoro d’artista (“Scusami”), l’infanzia lontana e la giovinezza salutata (“Giornata D’Inverno” e “Il Gusto Di Dormire In Diagonale”) trovano spazio tra arrangiamenti più lineari senza divenire canonici, delicati ma sempre capaci di stupire grazie ai tocchi di marimba e vibrafono di Sebastiano De Gennaro. Quello che non cambia è la capacità di Fiori di scrivere testi lontani dalle solite strutture da cantautorato italico contemporaneo, anzi imponendone di nuove e personali tanto da essere ormai riconoscibile e degno di affezione.
Un lavoro che ricorda per certi versi un capolavoro volutamente involuto e, proprio per questo, poeticissimo come “Up” degli R.E.M., magari meno sperimentale e con solo qualche sprazzo di elettronica ma con la stessa attitudine a mostrare dei brani la struttura ossea, asciugata ed abbagliante nella sua inesorabile semplicità . La chiusura affidata all’atavico scontro fra morte e vita, con la già citata vicenda del brano “Sandro Neri” contrapposta all’esperienza della paternità di Alessandro non fa che sottolineare un’idea di esistenza nella quale la tensione assoluta di un addio si scioglie nella serenità di un benvenuto. E si ricomincia.