Suono “mono” malinconicamente analogico in bilico tra il rock e il folk, indolenza tutta californiana. Sembrano un incrocio tra gli Animals, il Paisley Underground e i The Fresh And Onlys, gli Allah Las (Spencer Dunham al basso, Miles Michaud chitarra e voce, Pedrum Siadatian chitarra, Matt Correia batteria e voce) con le loro canzoni stropicciate che devono tanto alla British Invasion anni sessanta. Sono loro stessi ad ammetterlo del resto, di aver ben presto abbandonato il punk per passare all’ascolto di Who e dei primi Rolling Stones, senza dimenticare gruppi come i Monkees e i The Roots, che omaggiano con la cover “Long Journey” ripulita dagli echi più garage.
Non aspettatevi rivoluzioni o novità , in quest’esordio omonimo non ce sono. Tanto pop versione sixties dal tono giocoso (“Vis à Vis”), strampalato (“Busman’s Holyday”) o educato (“Ela Navega”) a cui spesso manca solo una bella ragazza che balla facendo il segno della pace (“Catamaran”). Qualcosa dei già citati Animals (“No Voodoo”) e dei Byrds (“Tell Me (What’s On Your Mind”)) e un po’ di quella leggerezza estrema che ricorda da vicino i gorgheggi perfettamente a tono dei colleghi Tim Cohen e Wymond Miles, ma anche l’atmosfera della Los Angeles di inizio anni ottanta e band come i True West (“Sacred Sands”, “Seven Point Five”) o gli inglesi Cherry Boys, che più o meno nello stesso periodo furoreggiavano a Liverpool e dintorni. Non aspettatevi pose esagerate o pretese da star: non ne troverete neanche l’ombra, anche se “Catalina” ha i mille profumi delle estati adolescenziali e potrebbe diventare una di quelle hit di culto, a cui ci si affeziona senza neanche rendersene conto. Non vinceranno certo il campionato dell’originalità ma gli Allah Las sembrano sinceri, e non puoi fare a meno di credergli quando ti raccontano di cuori spezzati in “Sandy” e “Don’t You Forget It”, dove cantano senza rimorsi: I think I found a girl that just might replace you (“…) yeah I think she will do.
Sole, mare, un furgoncino scassato da guidare, magari raccogliendo per strada qualche autostoppista orfano del car pooling, bisognoso di un passaggio. Questo è il mondo degli Allah Las. E che sia la classica avventura di stagione o un viaggio lungo una vita, a Michaud e soci non pare importare poi molto. Rilassati al massimo, cool senza neppure farlo apposta, non se la tirano ma tirano fuori un disco di puro, intelligente, revival.
Credit: Tony Accosta