Siamo ormai al sesto full length per i Raveonettes, ossia il duo composto da Sune Rose Wagner e dalla “platinata” Sharin Foo. E’ tempo dunque per fare qualche bilancio. Come verranno ricordati i danesi nella storia della musica?
Folgorante fu l’esordio, l’indimenticabile “Chain Gang of Love”, uscito nel 2003, e cioè durante la prima fase di espansione di quell’estetica fortemente retrò e “emul” che oggi ci sembra così inflazionata.
Insomma parliamo di chitarre jangly e fuzzy e la catena di Gesù e Maria e il Velluto di New York e il sunshine-pop, il tutto corroborato da una vena sobriamente maudit.
La capacità melodica è però sempre stata ben oltre la media, e questo ha reso i Raveonettes qualcosa di più di una mera band di revivalisti con giacca di pelle e maglietta marinara.
Ci troviamo quindi di fronte a una manciata di piccoli capolavori uno più bello e irresistibile dell’altro, spesso dal piglio fumoso e struggente. Potremmo dire che questo “Observator” è la summa del suono-Raveonettes e forse l’album più riuscito in assoluto della coppia. Volendo citare qualche episodio in particolare, potremmo soffermarci sul duetto da falò metropolitano dell’iniziale “Young And Cold”, “Observations” con le sue atmosfere maledette da traversata notturna, “The Enemy” con quelle soffici linee vocali che sono una carezza sulle tempie ma pure una stretta al cuore e il gioiello più scuro ma stranamente pure più accecante del lotto, quella “Till The End” che è catarsi e sconfitta, rassegnazione e risveglio.
Probabilmente i due hanno detto tutto quello che dovevano e potevano dire”…per ora ci godiamo il loro sesto parto noncuranti di cosa accadrà in futuro.