La prima metà  di questo 2012 ci ha restituito un Mika rinnovato. Due nuovi singoli, “Make you Happy” e “Celebrate”, un taglio di capelli inedito e un telefonato coming-out. La seconda metà  del 2012 fa il resto, proponendo il suo terzo lavoro, “The Origin of Love”. Di nuovo c’è anche la copertina, se quella di “The Boy Who Knew To Much” era una variazione in tema, così come tutto l’album, di “Life in Cartoon Motion”, questa recente sembra l’immagine d’archivio di una pubblicità  della L’Oreal. Doma i tuoi ricci con la nostra spuma sembra dire, “perchè io valgo”.

Sono molto lontani gli anni di “Life in Cartoon Motion”, che in retrospettiva pare provenga da Alpha Centauri. Perfetto esempio di come il pop avesse ancora qualcosa da dire, capace di dirlo anche bene, usando semplicemente una (bellissima) voce, un piano, un’orchestra da camera e quel po’ di elettronica per rendere il prodotto più mondano. Come non ricordare “Grace Kelly”, capace di far strabuzzare le orecchie a discografici e comuni ascoltatori; così freak e sfaccettata per essere un brano pop convenzionale.

“Life in Cartoon Motion” pareva la luce fuori dal tunnel di una stagione pop, quella delle Britney e delle Aguilere, oramai arrivata al capolinea. Un buon debutto a cui purtroppo sono seguiti esiti sempre più mediocri. Proseguendo con “The Boy Who Knew To Much” , copia carbone del precedente, dove Mika non ha fatto altro che autocitarsi in versione cabaret da ultima notte a Las Vegas. Ecco dunque in “Rain” la nuova “Relax, Take it Easy”, “Dr. Jhon/Billy Brown”, “Good Gone Girl/Stuck in a Middle”, “By The Time/Happy Ending”.

“We are Golden” però non è riuscita a rimpiazzare “Grace Kelly”, il massimo che è riuscita a fare è inserirsi come jingle per una compagnia di telefonia mobile. La meraviglia di “Life in Cartoon Motion” era già  lontana anni luce, del resto quel che interessava realmente ai discografici era di sfruttare l’appeal di Mika tra i ragazzini e gli sponsor partner per tutto il tempo necessario. Mettiamoci anche l’ambiguità  sessuale di Bowiana memoria e il gioco è fatto: il prodotto sullo scaffale è piazzato.
Cosa accade in questo 2012? Che il prodotto, nonostante tenti di “evolversi”, ha esaurito la sua funzione e terminato il suo ciclo di vita: “Celebrate” è stato un flop in Europa e negli USA. Questo accade quando si ha come target di riferimento un pubblico in perenne trasformazione, come quello dei pre-adolescenti a cui Mika si rivolge in modo particolare: oggi sei l’idolo delle ragazzine e domani vieni rimpiazzato dai TOY. L’unica soluzione percorribile dunque era di puntare su un pubblico più adulto, proprio come hanno fatto i Take That nella loro seconda venuta, assoldando nel proprio entourage Stuart Price, lo smanettone che fu già  l’artefice di un miracolo: resuscitare Madonna curando la produzione di “Confession on Dancefloor”.

Mika percorre la medesima strada, affidandosi a produttori di grido (Pharell, Benny Benassi e Klas Ahlud) per rendere la sua proposta più accattivante, sempre entro i limiti di un inoffensivo dance-pop.
Fatte queste premesse “The Origin of Love” non convince. Mika resta immobile sulle sue posizioni e propone all’infinito la formula che lo ha portato al successo. Un pop drogato di synth che suona ormai stucchevole ed insignificante. La “maturità ” per Mika sta nel condurre il novello young adult alla discoteca pomeridiana, una maturità  di evento ma non di sostanza, dove l’ex pischellino che prima s’addormentava con “Happy Ending” o sculettava in cameretta davanti lo specchio al suono di “We are Golden”, ora ancheggia sul dancefloor sulle note della pur sempre infantile “Overrated” e della zuccherosamente tamarra “Stardust”.

A girare ancor di più il coltello nella piaga c’è “Emily”, una versione senza malizia di “Tik Tok” di Kesha, e la pretenziosa “Heroes”, un brano cantautorale che scimmiotta senza vergogna “Hide & Seek” di Imogen Heap.
“The Origin of Love” non ha nulla di nuovo da dire e nulla di noto che era necessario ribadire. Mika ha voce e talento, ma evidentemente non ha sufficiente volontà  e curiosità  per usarlo in maniera non banale e in linea con le sue potenzialità . Quello che poteva essere un diamante lucente, un nuovo Elton John, continua ad essere un pezzo di carbone su cui un piccolo principe, sbadato, ha fatto cadere un po’ di polvere di stelle.