Ad una cena tra amici il discorso scivola inevitabilmente sulla musica (siamo vecchi ma non abbastanza), cerco di defilarmi ingozzandomi di salatini ma fatalmente vengo tirato dentro senza troppi fronzoli e solo perchè di tanto in tanto mi cimento con queste pisciate che alcuni chiamano “recensioni di dischi”, con la classica domanda: “Cosa mi consigli?” e poi la mitragliata di: “Ti piace questo, ti piace quello?”. Al mio quindicesimo giudizio sprezzante (ve lo giuro, Vostro Onore, mi hanno costretto), esce fuori uno dei più attenti con la frase: “Io credo che a Gianluca non piaccia più la musica”. La mia sommaria ricostruzione dei fatti non rende giustizia alla profondità  del pensiero sopra esposto.

Io non odio la musica degli ultimi anni, per lo meno non quanto coloro che nella personale cerchia di amici cercano di sublimare la carenza di carisma ritagliandosi un ruolo, che sia l’espertone di musica, l’enogastronomo, il politicizzato (sempre di sinistra), il maniaco sessuale.

Honeybird & The Birdies sono un terzetto meticcio parecchio italiano e un poco americano formato da Monique, Paola e Federico (mi scuseranno se non cito i loro soprannomi, altra cosa capace di causarmi l’orchite). Per pubblicare il loro esordio si sono rivolti al servizio Kickstarter (se non sapete cos’è non vivete nel 2012) raccogliendo 5846 euro da centocinquanta persone divenute coproduttrici di “You Should Reproduce”, registrato all’Obst und Gemuse Studio con la produzione di Enrico Gabrielli (ma come fa?) e poi mixato da Tommaso Colliva, insomma non proprio un salto nel buio. La prima cosa che arriva all’orecchio è infatti che questo disco ha ben poco di artigianale e naif, la seconda si coglie con gli occhi e il tatto: la grafica e il packaging sono ottimamente curati e l’oggetto-dischetto risulta molto gradevole.
Dalla cartella stampa apprendo che in “You Should Reproduce” sono presenti riferimenti alla teoria della “terra cava” di Edmund Halley (lo stesso della cometa), alla danza ancestrale malese “Mak yong” oggi bandita dal governo islamico, l’East Village che si unisce al quartiere romano di Tor de’ Schiavi e alle spiagge del sud della California, un viaggio immaginato tra il Mali e il Burkina Faso, i genocidi ai danni dei buddisti in Cambogia e degli armeni per mano dell’impero ottomano. Il tutto cantando in italiano, inglese, tedesco e catanese.

Ora, dopo questa scorpacciata di nozionismo universale non pretenderete anche che sia stato coinvolto e/o sconvolto da un lavoro che è una rielaborazione di lezioni musicali vicine e lontane: penso alla maestria sguaiata di Tune-Yards, la genialità  artigianale di Micachu, la magmatica incomunicabilità  dei Fiery Furnaces, il populismo di Manu Chao. A parte il buon inizio di “Elastic Stares” e “East Village” il resto risulta già  sentito e quindi prescindibile.

You Should Reproduce
[  La famosa Etichetta Trovarobato – 2012 ]
Similar Artist:  Manu Chao, Fiery Furnaces, Tune-Yards
Rating:
1. To the Earth’s Core
2. Elastic Stares
3. East Village
4. Where d’Ya live Yo?
5. Swimming Underwater
6. Canopy Dream
7. Eine Keine Geschichte
8. Perejil
9. Cajaffari
10. You Should Reproduce