Il lento e delicato estremismo dei Sigur Ros, che piaccia o meno, racchiude nel codice genetico una controparte visiva nell’anima di ogni composizione. Il post-rock romantico ed etereo lascia all’ascoltatore la possibilità di immaginare un universo nordico, gelido e allo stesso tempo di grande conforto. Le conseguenze spontanee di questo percorso di suggestioni hanno portato la band, di volta in volta, a confrontarsi con una discreta produzione video. Un processo del tutto naturale che arriva al proprio climax con il “Valtari Film Experiment”, in cui la band ha affidato lo stesso esiguo budget ad un pugno di registi per realizzare video per i brani dell’ultimo disco in completa libertà creativa. Abbiamo avuto la fortuna di vedere in anteprima il film al London Film Festival, un contesto sicuramente privilegiato per assaporarne le atmosfere.
Il filo conduttore di quasi tutti i cortometraggi è la lentezza, e non poteva essere altrimenti vista la materia musicale da maneggiare. “Valtari” è sicuramente il disco meno post-rock e più ambient della produzione degli islandesi, per cui abbinare ai brani qualcosa di troppo movimentato sarebbe stato un controsenso. Assistiamo ad un uso smodato dello slow motion e ai richiami della natura, da sempre prima fonte di suggestione per Jonsi e co. La summa di questo tipo di soluzione la toviamo in “dauà°alogn” di Henry Jun Wah Lee che, partendo dalla via lattea, ci mostra immagini di una natura selvaggia, nordica e incontaminata. Molto suggestivo, seppur abbastanza scontato. Vi sono delle eccellenze assolute, tra cui spiccano “Varàºà°” di Inga Birgisdóttir“, che gioca con le animazioni su uno sfondo unico preso da una cartolina in cui si inseriscono sagome umane (della stessa regista) che emergono da diversi angoli della scena e iniziano a comunicare in una sorta di codice morse attraverso delle luci. Altro capolavoro è “Fjögur Pàanó” di Halma Har’el in cui spicca l’interpretazione di Shia Laboeuf, protagonista della trilogia dei Transformers. Il video si basa sull’impossibilità di uscire da una situazione senza causare del male agli altri e a noi stessi. La musica accompagna visioni dolorose, sinuosi movimenti danzanti dei protagonisti con un pizzico di suggestioni psichedeliche. Da togliere il fiato.
Non manca qualche episodio un po’ fuori dal coro come “èg anda” di Ragnar Kjartansson che la prende a ridere, mostrandoci con ironia le tecniche di primo soccorso in caso di soffocamento. Carino, ma poco attinente alla musica. In definitiva l’esperimento convince per la maggior parte delle scelte stilistiche, soprattutto quelle che si avvolgono eleganti attorno al tema portante delle canzoni. Quello che convice meno, paradossalmente, è il vincitore della competizione riservata ai videomakers esordienti, che vedrà aggiungersi altri cinque video alla collezione entro l’inizio di dicembre. La versione di “Fjögur Pàanó” di Annafelle Liu, Dio Lau e Ken Ngan, che vede immagini in negativo di una persona “intrappolata” in una sostanza plastica che la avvolge, risulta autoindulgente e abbastanza noiosa. Niente che possa inficiare la resa finale di un’operazione molto valida. “Valtari” è un’esperienza interessante, a tratti molto coinvolgente, con pochi passaggi interlocutori e grande sostanza. Una visione consigliata a tutti i fan dei Sigur Ros e anche ai detrattori degli stessi che amano certe suggestioni visive. Purchè si parta dal presupposto di lasciare a casa ogni preconcetto.