Catalogare e spiegare il Frusciante solista è qualcosa di davvero complesso. Riuscire a decifrare appieno il suo mondo non è una facile impresa. Infatti, se qualcuno, oggi, venisse a domandarmi a bruciapelo, che tipo di musica suona colui che è solito uscire, rientrare e riscappare dal gruppo, gli risponderei, in modo quantomeno tautologico, che Frusciante fa semplicemente Frusciante. E basta. Bella risposta, no? Non troppo, a dire il vero. Specie se si conta che il musicista in questione vanta una serie di dischi fantastici, che attraversano i generi in maniera abbastanza trasversale. Si può passare da un rock cantautorale, dagli accenti qua e là neilyoungiani, a brani in cui predomina il lo ““ fi; o ad altri dove la psichedelia fa da padrona, che magari si lega a una dimensione più intimistica colma di trame acustiche. Oppure, ci si ritrova dentro scenari più tendenti all’incontro tra elettronico e analogico. E questo è anche il caso del nuovo “PBX Funicular Intaglio Zone”, il quale preannuncia faville sin dal titolo, e i cui accenti sono senz’altro più spostati verso il sintetico.
Come in molti avranno già capito, bisogna dimenticarsi le atmosfere dilatate del bellissimo “The Empyrean”. Siamo, in effetti, assai più prossimi a quanto ascoltato nell’Ep “Letur Lefr”, dove si è avuto modo di sentire quello che John ha definito «progressive ““ synth pop ». Una definizione calzante, mi viene da dire; poichè nei nove episodi di “PBX” (undici nell’edizione giapponese) si assiste a una vera e propria contaminazione del genere tanto in voga negli anni Ottanta, del quale, nell’ultimo decennio, sì è tentato a più riprese il revival. Ecco: scordatevi l’operazione retromania. Qui, si adopera un linguaggio che è proprio solo del suo autore: una sequenza di brani caotici e mai lineari, matti e all’apparenza sconclusionati, che con gli ascolti rivelano però una loro grazia. Ritmiche serrate e precise si alternano ad altre del tutto sghembe: il suono dei sintetizzatori si sposa a sporadiche incursioni chitarristiche, a concessioni all’hip ““ hop (ospite del disco, Kinetic 9) e a echi dubstep, già sperimentati dall’ex ““ Red Hot Chili Peppers. In tutto questo, la melodia, pur non facendo da padrona, non resta un ricordo lontano, facendo capolino in alcuni, inattesi momenti cristallini.
è sempre un bell’evento, una nuova uscita a nome John Frusciante; cosa che per fortuna avviene piuttosto di frequente. Anche nella più imperfetta e sgangherata delle sue produzioni si può sempre ritrovare quella sanissima voglia di rimettersi in discussione: divertendosi, senza mai strafare o sfociare nell’onanismo fine a se stesso. C’è tanta creatività , nel suo universo: ma soprattutto c’è molto amore per il mondo delle sette note, che inevitabilmente arriva dritto alle orecchie e al cuore dell’ascoltatore. Che magari, a sua volta, ha voglia di imbracciare la chitarra o di mettere mano alla tastiera per scrivere un pezzo e poi registrarlo.
Di musica, al giorno d’oggi, probabilmente ce n’è pure troppa; ma di musicisti così pare non ce ne siano mai abbastanza.