Il 2012 è stato, tra gli altri, l’anno delle “ondate”. L’ondata synth-pop, il successivo post-punk/new-wave, ora un ritorno allo shoe-gaze. Classifiche sconfinate di uscite dream-gaze, nu-gaze e ritorni di band che già  avevano usato la fortunata formula lo-fi anni addietro, vedi il duo di San Francisco Tamaryn. Dopo il debutto “The Waves”, il quale aveva rimescolato suoni dei primi anni 90 con arpeggi blues e atmosfere spaghetti Western, sono tornati con “Tender New Signs” proponendo suoni dei primi anni 90 con arpeggi blues e atmosfere spaghetti Western.

Il punto è esattamente questo, nulla sembra essere cambiato. La prima metà  del disco è una nuvola impalpabile di atmosfere lisergiche e letagirche le quali, sebbene molto evocative, tanto che i primi quattro brani si trascinano con altrettanta facilità , nonostante un vago tocco tribaleggiante in “Afterlight”.

“Tender New Signs” sembra finalmente risvegliarsi dal letargo con la più spigliata “The Garden”, in cui la chitarra si distorce, la batteria riprende posizione e inizia ad imporsi sulla sensuale e ipnotica voce di Tamaryn (“Prizma”). I testi sono in linea con la voce, quasi a dissolversi nel riverbero di sottofondo, sussurrando “Is this a dream? It’s not in essence what it used to be“. Il tocco dark (il disco è infatti spesso etichettato come darkgaze) si enfatizza nell’apparato strumentale malinconico e grave, mentre la voce si   innalza quasi in un lamento blues (“Trascendent Blues” “Violet’s in a Pool”).

Nonostante l’intento fosse di ricreare una esperienza trascendentale, l’ipnotico sogno distorto si disperde troppo spesso in un suono trascinato ed annacquato, e più che ad un onda, ricorda la schiuma che il mare trascina con se durante la risacca.

Credit Photo: Bandcamp