Alla seconda pubblicazione, a 3 anni da quel groviglio di suoni senza capo nè coda di “Man Alive”, gli Everything Everything tornano agli oneri della cronaca con “Arc”, sophomore annunciato a metà 2011 e preceduto dai singoli “Cough Cough” e “Kemosabe”, quest’ultimo in uscita in questi giorni.
Rispetto all’esordio la band mancuniana ha fatto un bel po’ di pulizia, riducendo il più possibile le citazioni di cui “Man Alive” era saturo, scegliendo per il secondo disco una palette di suoni più concentrata e riferimenti più definiti. Questa correzione ha fatto guadagnare una coerenza interna ad “Arc” che era ignota completamente a “Man Alive”. Esordio troppo dispersivo e confusionario, non un album ma una compilation di brani ognuno chiuso nel sua autistica definizione. Con “Arc” la band ha fatto un passo avanti, scendendo a patti col formato album invece di farselo nemico. Inoltre hanno ridimensionato l’influenza math-rock, contenendola anzichè esasperarla e direzionandosi verso un progressive pop alla moda.
Con “Arc” gli Everything Everything sono riusciti a sistemare le falle più evidenti della loro trascorsa produzione, ma la strada per la completa emancipazione è ancora lunga. “Arc” è un disco che fa subito presa sull’ascoltatore dopo appena un paio di ascolti ed il perchè è presto detto, esso pesca a piene mani dall’indie rock più di tendenza degli anni ’00. Un album che non cela la sua indole da “music victim”, pronto a restituire con leggere variazioni le tendenze assimilate. Tra le diverse influenze una in particolare è in primo piano, udibile ad orecchio nudo: se “Cough Cough” è un freak pop in cui Tune Yards e i Mew fanno rumorosamente l’amore; se i cori di “Kemosabe” sono gli stessi noleggiati dagli Of Mosters and Men per “Little Talk” i quali hanno preso l’idea dagli Arcade Fire di “No Cars Go”, se “Armourland” è un curioso incrocio tra il math-rock dei Mew e i ritornelli adult-pop dei Take That e “Torso of the Week” e uno scontro frontale tra i Bloc Party e Toro Y Moy, tutto il resto è 100% Radiohead post “Kid A”.
Benchè l’obiettivo della band sia quello di “fare della musica pop come nessun altro”, gli Everything Everything rimangono saldamente un prodotto del loro tempo. Se con “Man Alive” si guardava al revival degli anni ’70 e ’80 ed in parte “’90, con “Arc” ad essere setacciato è il suono predominante degli anni ’00.
Visto che un revival dei naughties è francamente affrettato, la sperimentazione di “Arc” si configura allora come un semplice esercizio di stile, mentre l’uso di riferimenti attuali non riesce a celare la volontà di ritagliarsi un posticino, non dico proprio tra i primi della lista ma neanche gli ultimi degli stronzi, tra i gotha del mainstream.
Con “Arc” gli Everything Everything non si crogiolano certo nella sicurezza dei 4/4, ma non è nemmeno quel giro sulle rapide che avevano promesso. Alla prossima.