I Molotoy sono una band che sfugge alle più semplici e generiche classificazioni. Architetti sonici del nuovo millennio, più che suonare musica la manipolano e la decostruiscono. Tecnologici e post-tutto, fondono approccio classico e modernità estrema: l’essenzialità di chitarra, violino e violoncello a braccetto con sintetizzatori e dispositivi elettronici vari (tra cui spiccano iPhone e controller Wii) collegati tramite il protocollo di comunicazione OSC (che consente di scambiarsi dati in tempo reale su un supporto di rete). Influenze diverse che confluiscono in un unico progetto, che dal vivo acquista vita propria anche grazie all’uso di visual e luci al led che pulsano in sincrono con l’audio.
“The Low Cost Experience” raccoglie in sè l’esperienza maturata come Low Cost prima di cambiare nome in Molotoy, ma è anche la rappresentazione perfetta del loro modo di lavorare e comporre: un do it yourself degli anni duemila, che esplora le infinite possibilità delle nuove tecnologie senza lasciarsene sopraffare. Capita così che i ritmi space dance in stile Daft Punk del singolo “We Are The Volvo” si trovino a convivere con l’elettronica raffinata tipo Röyksopp di “Super Attack” e “Brain”, fianco a fianco al minimalismo di “Kukikko Ronf”, all’atmosfera cupa e oscura di “Holymount In The Rain” che ricorda i Mogwai di “Friend Of The Night” o i Moka di “I Plan On Leaving Tomorrow”, e a sperimentazioni come “Magical History Soup” che li portano su un terreno simile a quello battuto dai Public Service Broadcasting nel recente “The War Room”. Impressiona il livello di maturità compositiva che questo trio / quartetto raggiunge, soprattutto quando si ascoltano tracce come “Laqu”, “Werther” (che vede la collaborazione di Lorenzo Lambiase alla voce) o “Mussaka” dove il violino di Andrea Minichili, il basso, le tastiere e i loop di Andrea Buttafuoco, la batteria elettronica, tribale e elettrificata di Gianluca Catalani, le parti di chitarra registrate da Marco Gatto prima di “uscire dal gruppo” e le invenzioni “rumoriste” del misterioso Astro Boy s’incontrano e si scontrano di continuo, integrandosi e finendo per procedere all’unisono.
Esplosivi e giocosi come il loro nome suggerisce, i Molotoy creano una ragnatela sonora onirica e affascinante. Musicisti eleganti e preparati, alternano momenti ricchi d’energia ad altri più eteri e evocativi ma la qualità resta sempre altissima. “Digital Bohemien”senza fili materiali nè mentali, sembrano essere solo all’inizio di un viaggio che si preannuncia interessante. Da seguire con attenzione e da tenere d’occhio.
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2. Brain
3. We Are The Volvo
4. Holymount In The Rain
5. Kukkiko Ronf
6. Magical History Soup
7. Laqu
8. Mussaka
9. Werther
10. Digital Bohemien