Mentre ascoltate “Collections” dei Delphic provate per un paio di secondi a chiudere gli occhi. Ecco, non vi salta alla mente chessò, una coreografia dei One Direction? O meglio, degli “‘NSync prima dello scioglimento? Se poi siete in grado di tenere gli occhi chiusi fino alla fine della tracklist, riuscirete persino a figurarvi davanti i Backstreet Boys di “Millennium”.
Nell’anno dell’avvento del nuovo album di Justin Timberlake, che, fresco di acquisizione della piattaforma Myspace, ha annunciato in pompa magna il suo ritorno sulle scene dopo ben 7 anni d’assenza, pronto a raccogliere quanto ha seminato in questi anni, soprattutto tra gli artisti indie che lo hanno preso a modello per il loro approdo nel mainstream, cosa viene in mente ai Delphic? Battere il chiodo finchè è caldo, cercare di allinearsi al (nemmeno poi tanto) nuovo trend che vede pop, elettronica ed r’n’b impegnate in un soddisfacente threesome.
Ai Delphic mentre componevano “Collections” (titolo che già sa di greatest hits dei bei tempi andati) fischiavano ancora le orecchie per l’ascolto di How To Dress Well, Yeasayer e Weeknd.
Con questo brusìo si sono lanciati nella registrazione dell’album e, nello strenuo tentativo di non suonare ridondanti, hanno finito per impoverire e annacquare quanto di buono avevano fatto i loro colleghi, limitandosi a riprendere in maniera superficiale ed impersonale lo stile di questi.
Il miscuglio r’n’b ed electro-pop dei Delphic, alla fine dei conti, non ha niente a che vedere con il trend contemporaneo ma assomiglia pericolosamente al suono delle boy band americane di fine anni ’90, a loro tempo già ampiamente contaminato da r’n’b ed hip hop.
Se con il loro album di debutto, “Acolyte”, hanno scimmiottato i New Order nel contesto ben definito di un infallibile revival new wave, ora, alla stessa maniera dei colleghi Everything Everything, sono costretti ad inseguire il suono più alla moda per non finire inghiottiti nel limbo del dimenticatoio.
Follower per costituzione, i Delphic con “Collections” mettono su un’accozzaglia di luoghi comuni che strizza l’occhio ad ascoltatori pigri e ignari, che non hanno avuto ancora l’occasione di scavare negli archivi di RYM. Dalla nave che affonda salviamo un solo brano, “Changes”, pezzo che avrebbero scritto i Blue se fossero stati in grado di scriversi le canzoni. Per tutto il resto meglio metterci una pietra sopra
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2. Baiya
3. Changes
4. Freedom Found
5. Atlas
6. Tears Before Bedtime
7. The Sun Also Rises
8. Memeo
9. Don’t Let The Dreamers Take You Away
10. Exotic