Gli Arbouretum hanno il merito di aver reso talmente riconoscibile il proprio credo musicale che, prima di ascoltarli, si sa già di avere tra le mani almeno un buon lavoro; saranno le sfumature a fare la differenza. “Coming Out The Fog” è esattamente come lo immaginavano coloro che avevano apprezzato la produzione precedente: una riuscita mescolanza di folk-rock e anima psichedelica. Come l’inverno attorno ad un vulcano in piena attività . Pioggia e lava, neve e lapilli. La notte buia e il giorno nascosto dal fuoco. Appurata la bontà formale del disco, come detto in precedenza, tocca ai dettagli definirne i contorni. E qui le cose buone procedono di pari passo ad alcuni difetti.
Avete presente quando il serbatoio di una macchina non è completamente pieno e, per ridurre il consumo di benzina, tocca sfruttare le discese per guidare a folle e risparmiare prezioso carburante? Ecco, certi passaggi del disco somigliano a questa piccola e indispensabile pratica. Forse le riserve di fantasia e creatività non erano al massimo badando più che altro alla forma e un po’ meno alla sostanza. Le otto tracce spesso indugiano su una formula rodata di distorsioni ammorbidite e strutture strumentali autoindulgenti ma ben confezionate. Manca un po’ di anima ma la confezione è però sontuosa e ad un primo ascolto distratto sembra anche un disco notevole. Col procedere dell’attenzione certi nodi vengono al pettine e l’entusiasmo si smorza inevitabilmene. Sugli stessi territori musicali gli preferiamo gli ultimi Shearwater che hanno anche un taglio più autoriale.
“Coming Out To The Fog” è un disco da sufficienza piena, che mostra una classe fuori dal comune e qualche pausa di troppo. Come un bel vestito, cucito molto bene ma con dei brutti bottoni e un colore ordinario. Dettagli migliori avrebbero fatto la differenza.
2. Renouncer
3. The Promise
4. Oceans Don’t Sing
5. All at Once, The Turning Weather
6. World Split Open
7. Easter Island
8. Coming Out of the Fog