La parabola di Dexter vive da qualche stagione di alti (non molti) e bassi (qualcuno di troppo). Dopo una quinta stagione deludente e mal rifinita, la sesta è riuscita a riscattarne solo in parte la qualità che con il finale della quarta aveva raggiunto il suo apice. Non era facile prevedere gli scenari di questi dodici nuovi episodi andati in onda lo scorso autunno negli USA, la posta in gioco era diventata alta e il rischio di bruciarsi ulteriormente era concreto. Cercando di evitare spoiler cercheremo di introdurvi ad una stagione forse transitoria, in definitva buona, anche se ha sprecato in un modo ingenuo alcune ottime cartucce.
Una delle cose che più avevamo apprezzato di Dexter era la coerenza, la metodicità del suo “lavoro” di serial killer, accompagnato da una scrittura attenta e coerente. Invece, come accaduto nelle due precedenti stagioni, anche in questa ci sono degli strani buchi di sceneggiatura. Molte dinamiche degli omicidi sono poco chiare e poco plausibili, inoltre la gestione di alcuni personaggi è carente; a volte sembra che si smarrisca la via e non si sappia bene dove andare a parare. Anche alcuni personaggi importanti, come Batista e Quinn, sono inseriti in dinamiche che appaiono leggermente avulse e poco utili ai fini della trama. Inezie in confronto ad uno dei problemi principali degli sceneggiatori: Harrison Jr. che, dopo la morte di Rita, non sanno più come gestire. Un ingombro troppo grande, un intralcio alle attività di Dexter di difficile risoluzione. Per ovviare all’imbarazzo, la sscelta è stata quella di affodarlo alle amorevoli cure di Jamie, sorella di Angel Batista, che diventa una baby sitter 24 ore al giorno come se non avesse una vita. Anche da questo punto di vista non si può fare a meno di storcere il naso di fronte a scelte un po’ troppo forzate.
Di buono ci sono alcuni personaggi interessanti come Isaak Sirko, capo di un’organizzazione criminale ucraina, costruito su una caratterizzazione psicologica sontuosoa e putroppo non sfruttato a dovere, mentre Hanna McKay è probabilmente il fulcro dell’intera stagione, per il rapporto con Dexter e per un’ambiguità pericolosa che frutterà qualche bel colpo di scena. Per il resto si assiste ad una buona partenza, un appiattimento centrale ed un finale molto bello anche se troppo affrettato. Michael C. Hall sfodera come al solito la sua grande vena interpretativa e Jennifer Carpenter regala forse i suoi colpi migliori. Vorremmo davvero che con l’ottava stagione si potesse chiudere il cerchio dignitosamente, senza allungare un brodo che potrebbe ulteriormente annacquarsi. Se da un lato la qualità media della serie sembra definitivamente calata, d’altra parte l’interesse per certe situazioni sempre più difficili contribuisce a tenere curiosità a sufficienza per aspettare il prossimo autunno. Sperando che sia l’ultimo e che alla fine di tutto la faccia tosta e apparentemente stralunata di Dexter ci possa mancare, come tutte le cose più belle quando finiscono.
Dexter Trailer