Con incontestabili numi tutelari e molti santi in paradiso (o inferno seconda da come li si prende) i newyorkesi Avenue X non la tirano tanto per le lunghe, e pensano solo di esordire su disco e farsi valere per le loro passioni incontrollate e incontrollabili; ed ecco il loro disco omonimo a padroneggiare con tutta la forza e la “melodia” elettrica che posseggono, dodici tracce di punk, rock’n’roll, garage e mammasantissima che se non rimarranno certamente nella storia, almeno un tot di acuto prurito lo trasmetteranno.
Formazione triangolare che vede alla voce e chitarra Dionna Lennon, Marzio Dal Monte al basso e, udite udite, quel marpione di Marky Ramone alle pelli, dunque una piccola “garanzia” a far si che le cose soniche che girano qui dentro ““ oltre che a spiattellare il loud dello stereo ““ marcino a godimento amplificato a mille; e come già si annunciava, loro, non se lo fanno ripetere due volte, corde fuzzate, pelli bastonate e basso violentato, una voce che a tratti contrae debiti milionari con la Signora Love/Cobain “Tonight” e in altri momenti uno strano via vai tra la sacerdotessa Patti Smith “You gotta go s.t.”, “Aliens” e una Linda Perry (4 No Blondes) “Save me” sorniona, ma poi nell’insieme roboante della tracklist tutto viene riassorbito in un ascolto tutto sommato soddisfacente, specie con la riesumazione di un Steve Sylvester dei Death SS che in “The devil’s wall” torna a ghignare come un diavolo in pensione dorata.
Disco che certamente non fa stare fermi, tutto è una sommossa di pedaliere e giugulare tesa che solo nel rock “a modo” di “Never trust a junkie” si riprende quella parvenza femminile dolciastra mitigata da un rifferama educato e non in regola con gli sbalzi d’umore balenanti di tutto il registrato. La New York degli Avenue X è una mela dai contorni plumbei ma anche rispettosi dei canoni vitali di certo rock, e questa triade ancora ne deve cercarne le affinità complete, nel frattempo le suona a tutti e come si deve.